sabato, settembre 28, 2013

Revit Technology Conference 2013 - Giorno 2

La giornata è cominciata con una piccola dimostrazione di forza di Autodesk, in verità sotto l’evocativo titolo della lezione “quando le famiglie diventeranno coscienti” sono stati mostrati i risultati di un progetto di ricerca interno ad Autodesk (nome in codice Honeycomb, nido d'ape) che cerca di fondere insieme i benefici di un approccio tradizionale alla creazione di famiglie con quello più analitico attraverso script esterni o procedure più complesse (leggi varie implementazioni di Dynamo o più specifici linguaggi di programmazione).
Il concetto è che la maggior parte di questi comandi esterni implementati attraverso le API oppure attraverso la programmazione visuale di Dynamo, sono poco affidabili in quanto non vengono aggiornati costantemente, sono sotto questo aspetto contrari alla natura specifica di Revit. Inoltre quando il file del progetto viene fatto circolare al di fuori del proprio studio e finisce ad un consulente che non possiede questi particolari script, queste funzionalità aggiuntive cessano di esistere, non sono quindi replicabili. Il progetto Honeycomb vorrebbe quindi integrare la leggerezza di un semplice codice all’interno della tecnologia di un progetto o incorporare dei comportamenti all’interno dei diversi componenti, siano essi di sistema oppure no, per poter garantire la congruenza di comportamento attraverso il passaggio di file da uno studio ad un altro ad esempio.
Le implicazioni potrebbero essere molteplici: la prima applicazione utile che mi è venuta in mente potrebbe essere quella di compilare un abaco delle finiture per i locali e far in modo che il materiale di finitura dei muri possa cambiare automaticamente in accordo con quanto definito nell’abaco. Sono stati portati esempi di componenti autoadattanti che sono molto più performanti di una serie di vincoli che possiamo esplicitare in una famiglia ad esempio.
Non ho apprezzato molto l’intento di Autodesk in questo senso perché sono state mostrate delle caratteristiche che potrebbero non entrare mai a far parte del software, mentre invece ci sono problemi sanguinosi ancora aperti oppure strumenti da rifinire e completare nelle funzionalità che non si sono guadagnati ancora il diritto di entrare a far parte delle lista di cose da fare assolutamente ma che avrebbero un impatto molto pesante in senso positivo sul lavoro di tutti i giorni.
La seconda sessione del mattino che ho seguito è stata tenuta da Harry Mattison di Boost your BIM, un ex collaboratore di Charles River Soft che poi ha preso il nome di Revit Technology fino all’acquisizione da parte di Autodesk. Dal 1998 al 2012 ha lavorato nella stanza dei bottoni di Revit e lo conosce in modo profondo. Quello che ha cercato di dimostrare in pochi esempi è come sia possibile rendere i nostri progetti addirittura più intelligenti attraverso l’utilizzo delle API. Anche in Italia con Diego Minato e Renato Caenaro ho potuto vedere cose piuttosto complesse gestite con un’applicazione esterna realizzata appositamente per gestire dati di un modello BIM e produrre documentazione standard di layout di supermercati ad esempio. Questi sono strumenti che fanno risparmiare tempo senza dubbio ma quelli che ha mostrato Harry sono esempi in cui le applicazioni esterne aiutano a fare scelte progettuali mentre si lavora, ad esempio tenendo sotto controllo la lunghezza dei percorsi per raggiungere una particolare stanza e quindi riformulare la forma dell’edificio sulla scorta di un piano tipo ottimizzato, piuttosto che tenere sotto controllo la distanza dalle vie d’uscita ed intervenire su altri aspetti progettuali sempre prima nella concezione del progetto.
Si possono anche ridefinire dei comandi attraverso le API o attivarne di altri in funzione di determinati eventi di innesco come ad esempio l’apertura di una vista, il salvataggio o l’apertura di un documento ecc. ad esempio è possibile definire le proprie finestre di dialogo e impostare i valori di default di quando si collega un oggetto da "Auto: centro a centro" a "Auto: origine a origine".
La particolarità di Harry è la velocità con cui riesce a realizzare strumenti utili al volo: giusto il tempo di un panino ed è tornato con un video fatto per spiegare un comando che rispondeva ad una richiesta che un altro partecipante gli aveva posto per individuare quando un elemento attraversa, ad esempio, un controsoffitto o una parete che abbia una determinata resistenza al fuoco e che quindi deve essere monitorato per i fini della manutenzione con una frequenza particolare e che deve essere quantificato in un report esterno. Vedendolo lavorare sembra davvero tutto semplice, ed è un po’ questo ciò che meraviglia di una persona con un talento come il suo.
Chiacchierando un po' con lui gli ho chiesto se esistesse un modo per aggirare il problema delle annotazioni in Revit attraverso le API ma lì il suo disappunto sulla questione è venuto fuori e si è sfogato di quanto poco ancora sia stato fatto per risolvere questo tipo di problematiche (ad esempio le etichette della categoria dei montanti di facciata continua mancante, o l'inconsistenza delle viste collegate per quanto riguarda le quote che si riferiscono ad elementi collegati in un primo file come associati e poi ricollegati in un altro file... provate: dentro il file A collegate un file B nel quale è collegato un file C come associato, se in B tracciate delle quote che interessano gli elementi di C e successivamente collegate la vista  di B in A non riuscirete a vedere le quote sugli elementi di C).
Durante la tarda mattinata si è tenuta una prima parte della lezione dedicata allo sviluppo di standard di utilizzo Revit per l’Europa, in realtà doveva essere proprio il filo portante della conferenza, trovare dei punti in comune per avere del materiale valido da cui partire. C’era una vignetta esplicativa: due persone parlano e una fa all’altra “hey ci sono 14 tipi di standard concorrenti, dobbiamo fare qualcosa” e l’altro ribatte “si abbiamo bisogno di un solo standard” ed il risultato è che di lì a poco ci sarebbero stati 15 tipi di standard.
Ognuno sembra avere una specie di ricetta, molti dichiarano di utilizzare uno standard di riferimento ma non tutti sono veramente in grado di garantire la consistenza e la completa aderenza ad uno standard proprio per la natura collettiva del lavoro, altri sono partiti dalla codifica delle categorie e dei materiali, delle tipologie costruttive, della forme e hanno ottenuto un complessissimo codice parlante da utilizzare per dare un nome agli oggetti o ai parametri contenuti in essi. Usando una serie di strumenti automatizzati è possibile non essere inghiottiti da questa giungla di codici ma ovviamente una volta implementato e visto funzionare resta ancora qualche limite linguistico da superare, di localizzazione, perché a quanto pare quasi tutti riescono a vedere il valore di avere uno standard per la collaborazione con altri progettisti, ma non tutti per la verità condividono questo punto di vista. O meglio la questione non è tanto semplice da dirimere apparentemente perché purtroppo non è ben chiaro cosa sia uno standard e quando c’è confusione su una cosa fondamentale come questa difficilmente si può venire a capo di qualcosa di utile, soprattutto in un dibattito di un’oretta scarsa.
Dal mio punto di vista non si deve confondere lo standard di utilizzo di Revit con l’aderenza alla normativa di un determinato Paese, o, peggio ancora, con un protocollo di scambio dati come ad esempio l’IFC.
Quello che costituisce uno standard sono le pratiche da adottare nella realizzazione dei modelli per far si che si possano eseguire tutte le analisi possibili sul progetto partendo dall’insieme dei modelli interdisciplinari che lo costituiscono.
Ci sono regole da rispettare per ottemperare alle esigenze di ciascun tipo di analisi, da quelle energetiche che richiedono ad esempio che i muri siano un solo oggetto multi strato per poterne computare i correttamente i valori di trasmittanza con una certa affidabilità nei nodi per la modellazione dei ponti termici, a quelle strutturali dove ad esempio si devono modellare le giunzioni tra un muro e un solaio, quindi il muro non potrà essere unico dalla base alla sommità ma dovrà essere interrotto in corrispondenza dell’intersezione dei diaframmi orizzontali, ancora ci sono le analisi dei costi cui strumenti come le parti possono portare seri benefici a garanzia dell’attendibilità del modello e tutto questo quindi porta a definire quale livello di dettaglio e affidabilità si vuole avere nel modello.
In poche parole si deve codificare la prassi da seguire nel nostro lavoro per parlare effettivamente di collaborazione, partendo dal basso per i contenuti da includere e partendo dall’alto per stabilirne l’obbligatorietà all’interno di un progetto. Si tratta di un processo che va in due sensi e si spera trovi un punto di incontro a metà strada tra la fattibilità e l’utilità di una scelta simile per l’intera filiera delle costruzioni.
Si può obiettare che è un processo complicato e complesso, che dipende dalle abitudini locali o dagli standard interni ecc… forse perché sono in Olanda, mi è venuta in mente questa immagine esplicativa: quando si impara ad andare in bicicletta si stanno eseguendo una serie coordinata di movimenti, se dovessimo metterci a pensare a cosa dobbiamo fare ogni volta che saliamo su una bicicletta non ci sarebbe nemmeno il piacere di fare una passeggiata, mentre invece ci viene naturale, eseguiamo una serie complessa di operazioni in un ambiente in costante evoluzione, circondati da fonti di pericolo potenziali quando andiamo in strada, ma tuttavia sappiamo andare ugualmente spediti sia in Italia sia in Inghilterra dove hanno un codice della strada diverso dal nostro e guidano dal lato opposto della carreggiata: andare in bicicletta in modo corretto resta essenzialmente la stessa cosa ovunque. Perché non possiamo realizzare i nostri modelli BIM con la stessa naturalezza e grado di confidenza indipendentemente dal Paese in cui ci troviamo a lavorare?
Dai commenti che ho sentito e dagli interventi che altri partecipanti facevano sull’argomento sembra che Revit sia utilizzato come modellatore, non ci sono però informazioni nel modello, o semplicemente sono impostate male e rendono il modello inaffidabile. La sfida è quindi riuscire a realizzare modelli affidabili al 100% inserendo programmaticamente gli obiettivi da raggiungere e le metodologie da seguire in un contratto. Sembra che al di là dell’Atlantico questo tipo di approccio legale funzioni piuttosto bene e qualora ci siano consulenti che non siano in grado di fornire questo tipo di  prestazioni saranno costretti a dotarsi in breve tempo di una forma di outsourcing se vogliono rimanere competitivi sul mercato europeo e successivamente interiorizzarla nel proprio processo di lavoro.
Al termine di questa sessione ci sono state due lezioni di alleggerimento: la prima di “tips and tricks” per lo più cose arcinote, alcune molto banali, altre più sofisticate, ma nel complesso valevoli di essere menzionate e ricordate. La seconda è stata una carrellata di ultimi ritrovati tecnologici che avevano poco a che fare con Revit o il mondo delle costruzioni ad eccezioni di droni miniaturizzati per eseguire il laser scanning di un edificio. Non si sono toccati minimamente temi come sostenibilità tecnologica, servizi in cloud o nuove piattaforme di collaborazione  purtroppo.
A quanto pare questa prima edizione del Revit Technology Conference in Europa ha smosso un po’ gli animi su questioni più o meno spinose, ha portato allo scoperto i difetti di una cultura frammentaria ma che si sta a fatica mettendo a regime per dialogare con il resto del mondo.
La prossima edizione si terrà nel 2014 in agosto a Dublino, resterà con la formula a numero chiuso dei partecipanti per consentire l’interazione su una scala umana e avere uno scambio di idee in forma più sociale e proattiva.

Revit Technology Conference 2013 - Giorno 1

Finalmente si comincia a fare sul serio.
Dopo una doverosa introduzione da parte di Wesley Benn (colui che ha fondato uno dei primi Revit User Group in Australia e a cui va attribuita la paternità dei Revit Technology Conference in tutto il mondo) in cui sono state ricordate le origini di questo tipo di eventi aggregativi, le finalità e i canali di comunicazione attraverso cui mantenere vivo l'interesse dei partecipanti, e dalle cui parole grondava una totale dedizione alla causa, si è passati ad una piccola ma simpatica introduzione di un rappresentante degli sponsor, Graphisoft (notoriamente produttori di ArchiCAD) che ha saputo cogliere l'occasione di un RTC per poter tentare di parlare ad un vasto gruppo di utenti di una softwarehouse concorrente di come loro declinano il concetto di Building Information Modeling.
Successivamente c'è stata una lunga presentazione  di un architetto facente parte del gruppo di lavoro del senatore Renzo Piano nel suo ufficio di Parigi, Bart Akkerhuis, che ha dimostrato come sia possibile utilizzare Revit con profitto anche all'interno di uno studio dove i processo creativo passa attraverso lo studio dei modelli fisici, riducendo il nostro beneamato modellatore parametrico alla strega di un utensile in più a disposizione dell'artigiano-architetto che ragiona per dettagli costruttivi, "pezzo per pezzo". Alla fine della giornata, in modi diversi e per i motivi più diversi, Renzo Piano è stato il protagonista assente di questa prima tornata di lezioni.
Quello per cui vale davvero la pena partecipare ad eventi simili è l'opportunità di avere a che fare con persone che hanno delle idee e delle esperienze da condividere.
Avendo questo in mente si capisce come mai spesso le "lezioni" di oggi si siano concluse con degli interrogativi che non hanno una vera risposta certa ma dipendono da una moltitudine di fattori esterni alla progettazione.
Ad esempio, David Conant ha spiegato come sia possibile ottenere un abaco "generico", nel senso di non legato a nessuna particolare categoria, con gli strumenti che possediamo oggi con la versione 2014. Basterebbe infatti filtrare una categoria qualsiasi per un contrassegno del tipo "XXXXXXXXXX" che difficilmente sarà usato per avere un abaco vuoto e successivamente creare una tabella personalizzando la barra del titolo. Si è soffermato poi sulle potenzialità delle API relative all'uso specifico degli abachi che ora possono essere controllati automaticamente, facendo risparmiare tantissimo tempo per la loro impostazione e in questo senso ridurre gli errori umani di inserimento dati nella tabella "generica" importando il contenuto di un foglio di calcolo Excel direttamente dentro Revit mantenendo addirittura la formattazione delle singole celle.
 Così sarebbe finalmente possibile "ruotare" una tabella con i parametri messi nelle righe e le istanze in colonna; oppure creare un abaco di abachi per fare un quadro riassuntivo del progetto dal punto di vista delle informazioni del progetto e delle dimensioni e quantità contenuti nel modello.
Certo, non era stato previsto un utilizzo simile inizialmente, ma sta di fato che queste possibilità esistono e sono alla portata di sa coglierle. Si possono utilizzare delle add-in per importare informazioni da un foglio Excel per popolare una miriade di parametri nel modello in modo semiautomatico ( a meno di non implementare un updater che innesca una rigenerazione dei contenuti collegati  dal foglio di calcolo esterno al verificarsi di una specifica azione, come ad esempio l'apertura della vista o la stampa, piuttosto che il salvataggio del file).
E alla fine è arrivato anche l'incredibile: lo snake in Revit. Basato su questo concetto di personalizzazione delle celle del titolo dell'abaco e di rigenerazione dei contenuti, un programmatore si è divertito a realizzare una copia del celeberrimo videogame.
La cosa più stupefacente è stata l'abilità di David in qualità di oratore di essere sempre un passo avanti alle domande che mi venivano in mente, era come se sapesse sempre a cosa stavo pensando in quel momento e un paio di frasi dopo sarebbe arrivata la risposta.
Nel pomeriggio ho assistito ad una lezione su come creare dettagli intelligenti in Revit da quello che definirei per il modo di fare, di parlare, di risolvere i problemi come consulente, il Diego Minato del Colorado, uno dei migliori speaker degli ultimi RTC in nord America messo in ombra solamente da quel gigante di Marcello Sgambelluri, sto parlando di Brian Mackey, con moglie e figlioletta di 3 mesi al seguito. Ero un po' scettico inizialmente sui contenuti della lezione, ma fortunatamente il livello di confidenza sull'argomento e la sua organizzazione dei template, sia di progetto sia delle famiglie (si esatto template delle famiglie personalizzate, basta rinominare l'estensione di una famiglia da .rfa a .rft e il gioco è fatto) mi hanno decisamente fatto cambiare in meglio la mia opinione. Anche perché era davvero uguale a Diego quando si mette all'opera. Difficile non dare ragione a tipi come loro ;)
Il suo intento è quello di fornire ai suoi clienti una libreria di componenti bidimensionali etichettabili (non avere nemmeno una singola linea tracciata ma solo componenti), efficienti (evitare le matrici di oggetti come la peste, meglio i dettagli ripetuti), nidificare e riutilizzare le famiglie di componenti il più possibile per avere consistenza di documentazione, popolare il template con delle viste base da duplicare come prima cosa (una per ciascun tipo di vista) che contengano delle note esplicative su come utilizzare questo tipo di componenti per avvisare gli utenti della loro esistenza e di attenersi a poche semplici regole per raggiungere gli obiettivi facendo il minimo sforzo.
Successivamente Julien Benoit ha spiegato come nella sua azienda si faccia ricorso quotidianamente all'utilizzo delle parti per poter ottenere computi precisi (uno su tutti negli abachi delle parti c'è la possibilità di computare correttamente l'altezza massima di un muro anche se associato), avere un unico modello per più analisi, collaborare in modo più proficuo nelle fasi iniziali con i consulenti anche agendo sulle parti negli elementi dei file collegati, mantenere gli oggetti multistrato come un solo elemento a beneficio delle simulazioni energetiche del modello. In questo modo sono in grado di prendere decisioni importanti prima di andare in cantiere e di monitorare ciò che accade ed eventualmente cambiare direzione per rispettare i tempi di consegna, adempiendo agli obblighi di legge  creando tavole dedicate per spiegare alle maestranze cosa andranno a fare e come durante la giornata di lavoro ricorrendo a viste assonometriche per garantire un'ampia leggibilità e una migliore conoscenza per tutti dell'ambiente di lavoro in cui operano nelle migliori condizioni di sicurezza. Decisamente notevole il progetto di dismissione e rimozione di una centrale nucleare con la divisione in parti di un edificio in calcestruzzo armato piuttosto complesso anche per via delle diverse densità di calcestruzzo da 25 a 35 kg/dm^3 con conseguente problema di determinazione del massimo carico possibile per le gru di cantiere, posizionamento degli ancoraggi in funzione del baricentro del blocco per evitare che questi si ribaltassero durante la movimentazione (alcuni blocchi contengono fori e passaggi per diversi tipi di canalizzazione e quindi determinare il loro baricentro non è stato così semplice, per avere tutte queste informazioni e interagire con il loro standard dei fogli di calcolo si avvalgono di apposite API).L'importante in questo tipo di workflow non è sapere come si fanno determinati passaggi ma il perché si debbono fare. Julien ha mostrato bene come ci si possa ingegnare per sfruttare al massimo gli strumenti di cui disponiamo già per ottenere lo stesso grado di controllo sul progetto che potevano avere quando utilizzavano il CAD, senza modificare il modo di lavorare delle maestranze ma anzi fornendogli materiale più semplice da capire a beneficio di tutti per rispettare le scadenze.
E poi ecco che ritorna, Renzo Piano, l'estensione del Kimbell art museum in Texas. Una Case history raccontata da Kelly Cone, che ha speso due anni sul progetto per coordinare le diverse discipline, con tutte le problematiche di un progetto in continua evoluzione, tenere sotto controllo i costi, realizzarlo e controllarlo nella fasi di cantiere. Cruciale l'esame di alcuni passi del contratto che ha avuto una storia molto particolare: dalla stipula all'effettivo via alla cantierizzazione sono passati 3 anni, nel frattempo molte cose erano cambiate e alcuni dei loro consulenti non erano in grado di soddisfare le richieste contrattuali. Un esempio di revisione del contratto ha dimezzato la dimensione minima nel
i modelli passando a due pollici a un pollice (25.4mm). Fortunatamente grazie a questo tipo di accortezza sono riusciti a d intervenire in tempo sul posizionamento di alcuni impianti di sicurezza antincendio all'interno del controsoffitto di progetto senza doverlo abbassare; estremamente interessante anche dal punto di vista architettonico avere il controllo di tutti i dettagli dei getti in calcestruzzo (il cui costo andava dai normali 69$/yard^3 a oltre 400$/yard^3 vi faccio fare le equivalenze) che richiedevano un'elevatissima organizzazione delle casseforme per le quali erano consentite deflessioni massime di 1/4 di pollice su lunghezze di 40' senza tasselli intermedi: il risultato casseforme spesse 6' (circa 1,80m). Ho trovato il tutto molto istruttivo e ben esposto, e alla fine della giornata il bilancio è molto positivo, domani un altro ciclo di lezioni da cui spero di trarre nuovi stimoli e qualche consiglio utile da poter condividere.

giovedì, settembre 26, 2013

Revit Technology Conference 2013 - Giorno 0


 
È  un evento  che attendevo da parecchio, si tratta della prima conferenza europea di Revit Technology, a Delft, Olanda. Le mie aspettative sono molto alte perché sono anni che seguo forum e blog che riportano i contenuti trattati durante le manifestazioni sorelle negli Stati Uniti d’America e in Australia.
Ci sono molti personaggi “famosi” nell’ambiente Revit, professionisti accreditati a livello internazionale e che hanno visto nascere il cambiamento di quello che è il Building Information Modeling.
Il primo che incontro è David Conant, un’istituzione, “quello con i capelli” scherza lui,  per contrapporsi a Matt Jezyk che invece i capelli li porta cortissimi. Sono due persone normalissime simpatiche e alla mano, scopro in poche battute che purtroppo Autodesk ha deciso di fare a meno della consulenza di Conant (per capirci, Conant rappresenta per Revit quello che per Pinocchio può essere, se non Geppetto, almeno la fata madrina), “la vita va avanti ugualmente, prendo ogni occasione nuova come un’opportunità” chiude lui con un’inattaccabile ottimismo. Mi preannuncia che durante il suo intervento farà vedere qualche chicca su cosa si può fare con gli abachi attraverso le API (tema a cui mi sono avvicinato solo ultimamente che però mi ha subito intrigato facendomi scoprire un panorama vastissimo di potenzialità), mi ha messo ancora più curiosità quando ha fatto riferimento ad un video game basato sul motore di Revit e poi ha concluso dicendo: ”finalmente ora che sono fuori dall’azienda potrò dire tutte le cose che non vanno”. In effetti io sono qui per questo.
Jezyk è un architetto, gioviale e pratico, dentro alla questione commerciale di diffusione del prodotto, mi è sembrato sinceramente interessato a capire le dinamiche del mercato nel nostro Paese, se esistono imprese che si occupano di costruzioni che hanno necessità di avere un modello BIM: “ da un lato dell’equazione ci sono le imprese di costruzioni che spingono per avere un modello BIM funzionante da interrogare; dall’altro lato di questa equazione si trovano gli architetti che invece devono convincere e tirare dalla loro parte i consulenti, la committenza...è stato faticoso anche da noi otto anni fa quando abbiamo cominciato, ma da quando hanno provato il BIM non tornerebbero mai indietro al 2D, ora con una decina di progetti alle spalle fatti dalla concezione alla realizzazione in Revit la strada è stata segnata”. Insomma potrebbe esserci speranza anche per noi a suo dire.
In un angolino della sala trovo Harry Mattison di Boost your BIM accompagnato da sua moglie (che dai lineamenti si sarebbe potuta scambiare per un architetto olandese), ho comprato il suo ottimo video corso di 5 ore sulle API in Revit qualche tempo fa, gli ho fatto volentieri una buona recensione e lui ha colto l’occasione per ringraziarmi. Si dà molto da fare per la divulgazione e ci terrebbe a realizzare un prodotto con i piedi per terra, “sporco di realtà” e non qualcosa di accademico e fine a se stesso. In cantiere ha altre 5 ore di video per un livello più avanzato e accetta volentieri consigli e suggerimenti su come e quali tematiche  sia meglio affrontare per spiegare le potenzialità delle API per risolvere problemi di complessità crescente. In effetti il suo scopo apertamente dichiarato era proprio far  fare della ginnastica alla mente, per me è così, è la spinta che mi ci voleva per continuare ad imparare cose nuove e applicarle subito nel mio lavoro.
Incontro fugace con David Light, ex HOK, ora  in Case (come ricompensa per quanto ha patito nel suo lavoro precedente a suo dire) da poco meno di un anno, porta la sua esperienza in una delle aziende più effervescenti nel campo dello sviluppo di add-in per Revit. Mi chiede se sono stato a qualche altro RTC prima di ora e all’Autodesk University, perché purtroppo i RTC sono più delle manifestazioni commerciali, mentre all’AU ci sono le stesse persone che soffrono insieme a te di quello che non va nel software o nel lavoro di tutti i giorni. Onestamente essendo la prima volta che partecipo a un evento di questa natura non so come prendere la sua opinione, mi riservo di farmi un’idea più chiara quando tutto sarà terminato.
Intravedo Steve Stafford accompagnato da suo figlio ma non trovo modo di parlargli, si stanno dirigendo tutti verso il ristorante per la cena dedicata agli oratori della conferenza.
Riesco a fare due chiacchiere con Julien Benoit, ingegnere civile francese e Factotum per l’azienda con cui collabora. Si occupa da sempre di cantierizzazione e strutture, dice di conoscermi dopo aver letto il mio nome sul badge, ma non si ricorda dove. La conversazione prende una piega surreale quando mi rendo conto che potrebbe essere l’inizio di una barzelletta: “ci sono un italiano e un francese in Olanda che parlano tra loro in inglese….”. Mi racconta di un suo collega italiano, Alessio Maggi, che fa il suo stesso lavoro e che gli ha amaramente confidato che vorrebbe molto tornare a lavorare in Italia, ma in questo momento non ci sarebbe posto per le sue competenze sul nostro mercato del lavoro. Purtroppo ho dovuto confermarglielo, la realtà di piccole imprese di costruzioni o di piccoli studi che riescono a stare a galla oggi non riescono a dotarsi di tecnologia e software all’avanguardia, non riescono ad affacciarsi sul mercato facendosi propulsori dell’innovazione di metodo. Si lamenta del fatto che in Francia ci siano fior di studi che comprano moltissime licenze Revit ma che alla fine non vengano utilizzate perché vengono a mancare i soldi per la formazione e di questo sembra ritenere un po’ colpevole Autodesk, la quale punta a vendere il maggior numero di licenze lasciando poi soli gli utenti ad occuparsi dell’effettiva adozione della tecnologia BIM. Dato che conosco Emmanuel Di Giacomo di Autodesk Francia e so quanto invece sia una persona che ha prima di tutto passione per ciò che fa, ad ogni livello, mi viene difficile credere che sia davvero così come mi racconta. Forse la verità sta nel mezzo, forse, è semplicemente la pura conseguenza dell’immobilismo della crisi che non fa investire nei corsi di formazione quando invece sarebbe il momento migliore perché c’è meno lavoro e ci si potrebbe concentrare senza frenesia ad imparare meglio le metodologie nuove, i nuovi software e sviluppare gli standard per il proprio lavoro. Lo so è utopistico, ma l’utopia è come l’orizzonte: se ti sposti di un passo, si sposta di un passo, se ti sposti di tre passi si sposta di tre passi, a cosa serve l’utopia? A farci camminare.
 
Tanto per la cronaca sono il primo e unico italiano che partecipa alla conferenza, domani ci saranno i primi incontri e ho dovuto fare una scelta perché purtroppo sono sempre tre lezioni diverse in contemporanea ma cercherò di captare più informazioni che posso.