domenica, giugno 22, 2008

Risultati del sondaggio

Dai risultati del sondaggio è emerso che le maggiori difficoltà sono legate all'editazione delle famiglie e all'utilizzo delle varianti.

A parte qualche imbecille (statisticamente parlando) che ha segnato tutte le risposte, mi sorprende in negativo che ci sia un 25% che sente la mancanza dei layer.

Questo significa che non è stato digerito il concetto di categorie di oggetti, di What You See Is What You Get, e che molto probabilmente per il proprio lavoro si ricorre ad espedienti di manipolazione in AutoCAD.

Dal mio punto di vista è un male: innanzitutto significa che non si è compreso appieno il funzionamento del programma, ovverosia si sfruttano alcune caratterstiche dell'approccio BIM ma con finalità ristrette al CAD.
Diego Minato, alias Gjiom http://revit-landia.blogspot.com/ una volta mi disse che il problema maggiore dei nuovi utenti Revit con passato AutoCAD è che non riescono ad abbandonare la mentalità CAD in favore di una mentalità più propria, per tradizione, di chi opera nel settore dei componenti meccanici.
Come dargli torto? è senz'altro vero, infatti il CAD non è altro che la trasposizione del tecnigrafo e della carta sul computer, questo ormai è arcinoto.... all'inizio ha spiazzato molti la novità...ma in realtà era solo un cambio di strumenti, perchè l'approccio era rimasto il medesimo: sovrapposizioni di linee indipendenti; la difficoltà era di tipo tecnologico, non di concetto.

Intendiamoci, sono stati progettati i capolavori dell'architettura e dell'ingegneria con quegli strumenti, ma dietro di essi c'erano grandi idee che li manovravano, quindi non sono e non saranno mai solo gli strumenti a definire la qualità di un progetto e della sua realizzazione, ma di certo aiutano.

Occorre fare un ragionamento di più largo respiro.

Cos'è un progetto? Cos'è la qualità in un progetto? o meglio, nel processo edilizio?

Il prof. Maurizio Costantini sostiene che il progetto sia una prefigurazione della realtà, non una semplificazione a compartimenti stagni quindi, ma il gigantesco sistema di variabili interconnesse fra loro che si riversano nel tempo, nello spazio e nella dimensione economico-ecologica-sociale.

Ora la qualità di una prefigurazione di un sistema complesso è tanto maggiore quanto tutte le parti coinvolte in questo processo portano a compimento i loro incarichi negli estremi contrattuali pattuiti in precedenza.

E quindi in forza di questo contratto si può misurare il grado di soddisfazione delle parti e la rispondenza della realtà alle caratteristiche attese.

Il progetto è proprio quel contratto.

Se chi è preposto a redigere il progetto è incapace di controllare il processo edilizio prima che l'idea di progetto si immerga nella dimensione materiale, allora la qualità del progetto rischia di essere pesantemente compromessa.

Le cause possono essere molteplici e da ricercare nel campo di azione del progettista: in primo luogo la sua esperienza e preparazione, la sua disponibilità a mettersi in gioco sempre, il suo aggiornamento, i suoi strumenti di lavoro.

Purtroppo si dà minor peso al fine che non ai mezzi, e ci si ritrova attaccati ad un'idea di "lavoro" che rende più simili a dei mestieranti, mentre invece ci si dovrebbe sforzare di essere professionisti ad ogni costo.

Ora il fine è la qualità di processo, occorre disporre di un progetto il più vicino possibile alla realtà, per fare questo ognuno si sceglierà i mezzi a sè più congeniali, quelli che, utilizzati a regime, permettano di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo; è un discorso soggettivo, ma è possibile anche delineare dei comportamenti medi, in virtù dei grandi numeri di cui è costituito il "parco progettisti"; è oltremodo possibile azzardare delle previsioni tenendo conto di come questi comportamenti evolveranno in funzione di eventi esterni come l'introduzione di nuove tecnologie.

Ormai il professionista singolo copre una piccolissima parte del lavoro di progettazione, è in forte crescita invece l'associatività, talvolta occasionale, di realtà professionali diverse.
E' indispensabile quindi trovare un sistema per poter comunicare tra tutti i soggetti senza perdere informazioni.

L'altro grande tema per il rispetto del contratto e quindi per l'ottenimento della qualità è l'assenza o, più verosimilmente, il controllo degli errori. Un'efficace sistema di individuazione degli stessi e un processo per neutralizzarli apportando le modifiche necessarie in tempi ragionevoli.

Gli strumenti informatici di ultima generazione che permettono di realizzare queste condizioni fondamentali sono un'evoluzione rispetto ai sistemi CAD, ma nascono da un'idea completamente nuova, focalizzata sul fine, ovvero il BIM (Building Information Modeling, modello di informazioni edilizie). Questo concetto nuovo fa desistere quegli "utonti" che si ostinano a ripetere: "è troppo difficile, se non lo usa nessuno un motivo ci sarà".
Sono persone che non vedono un palmo più in là del proprio naso, che non hanno nemmeno la capacità di accorgersi che stanno per essere tagliati come rami secchi, perchè si scoraggiano al primo ostacolo. E' un costume diffuso anche tra i giovani purtroppo.
Passi a chi ha più di 40 anni, insoddisfatto e frustrato, ma per una mente giovane e fresca non è ammissibile.
Ad ogni modo un progettista che si meriti questo appellativo non si permetterebbe mai il lusso di non stare al passo con i tempi, ma questa è un'opinione strettamente personale.
Per quelli che credono che sia difficile c'è una bel detto: è facile sentire il rumore dell'albero che cade, mentre non ci si accorge nemmeno del rumore che fa la foresta che cresce.

Il BIM è un'identità con il progetto edilizio in tutti i suoi aspetti, non è generico e non è nemmeno un semplice disegno: è specifico del mondo dell'edilizia e rappresenta un modello n-dimensionale, dove n è il numero delle variabili della realtà che definiscono il processo edilizio.

Per poter utilizzare un BIM occorre una profonda comprensione della realtà delle cose, occorre avere un approccio da artigiani: olistico, tecnico e creativo nello stesso tempo.

La prima cosa è dunque staccarsi da una logica 2D per abbracciarne una dove entrino a pieno titolo la terza dimensione dello spazio, il tempo, i costi ecc...

In questo senso è senz'altro meglio una mentalità meccanica: rigorosità e cognizione dell'intero problema da molteplici punti di vista.

Veniamo a Revit.

Revit è un software BIM, la sua logica di scomposizione in categorie prevede che gli oggetti edilizi possano essere suddivisi in categorie, ognuna con caratteristiche particolari, predeterminate e immodificabili.

Quello che si ricava è quindi un insieme di oggetti 3D, 2D ecc...tutto è un oggetto e tutto risponde alla stessa logica.

Per gestire la visualizzazione non occorrono layer, ma è sufficiente agire sulle modalità di rappresentazione grafica delle categorie. Per ciascuna vista 2D/3D è possibile definire come dovrà essere stampato in tavola ogni elemento.
Esistono componenti 2D che appartengono alla vista di lavoro: per alcuni di questi è possibile cambiare l'ordine di visualizzazione e portarlo davanti o dietro ad altri oggetti...
Il what you see is what you get è proprio questo: ciò che vedete a monitor è ciò che otterrete in stampa, esistono dunque all'interno di Revit tutti gli strumenti necessari per modificare colori, spessori, motivi ecc...degli oggetti senza necessità di dover passare attraverso altri programmi e perdere tutta la forza del BIM.

Una piccola nota sulla difficoltà dell'editazione delle famiglie: andate a vedere come si costruiscono le famiglie in altre piattaforme, come ad esempio Archicad.... attraverso listati, codici, preoccupandosi di come deve essere rappresentato un oggetto spessori di linea ecc...

In Revit c'è a disposizione un motore grafico, di sicuro si otterranno oggetti meno complessi, ma a mio avviso con molta meno fatica.