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domenica, marzo 11, 2012

Come partire con un team di lavoro di più persone

Scrivo questo post a seguito della richiesta di aiuto che mi è pervenuta da uno studente del Politecnico di Milano. Il tema di progettazione è un edificio di dimensioni considerevoli e con una ventina di piani. A seguire un estratto della sua mail di richiesta.

"....la prof ci ha dato un progetto da elaborare in 4 ed ero intenzionato ad usare i workset.

ho letto questa tua discussione:

http://www.revitforum.com/forum/showthread.php?t=2566&highlight=workset

e la guida in linea ma non ho capito molto, forse mi mancano delle basi nel comprendere i workset.
Volevo chiederti se hai un piccolo ritaglio del tuo tempo di indicarmi come impostare in maniera base il lavoro.
Noi abbiamo una rete dove abbiamo accesso e vediamo tutti i file, io partirò da un mio template- file vuoto- questo e' il file di partenza dove la prima settimana lavorerò solo io, poi lo dovremo condividere per lavorarci in 4 contemporaneamente.
Il progetto e' un edificio di 60x60m di base su 21 piani.
Non ho capito come creare il file centrale , come lo richiamo su di un sistema locale e come poi dal locale aggiono il centrale...

come poi definire i workset e chi ci ha accesso...

diciamo i primi step per iniziare....."

Ed ecco la mia risposta:

Veniamo al tuo problema, forse ti sorprenderà, ma come prima cosa ti consiglierei di valutare strade diverse da quella della condivisione del lavoro (workset) per diversi motivi.
Innanzitutto perché è controproducente iniziare da subito un progetto con i workset attivi (a meno di avere padronanza degli stessi o particolari esigenze di coordinazione fra i colleghi della squadra di lavoro). In secondo luogo le dimensioni del progetto che devi sviluppare richiederanno, presto o tardi, l'utilizzo di file collegati per poter alleggerire la gestione di tutto l'insieme. In fine, per esperienza, se non c'è un livello medio equivalente di conoscenza del programma, si rischia di avere maggiori problemi a dirimere questioni di tipo tecnico legate all'organizzazione dei file piuttosto che problemi di progettazione.
La condivisione del lavoro diventa fondamentale quando si devono produrre le viste da mettere in tavola per cui è necessario che più persone collaborino in un tempo molto ridotto sullo stesso file per mettere quote, dimensioni, etichette, componenti di dettaglio, campiture, testi, ecc... (fondamentalmente elementi 2D).
Resta vero il fatto che è possibile suddividere il modello in workset e delegare ad ogni elemento della squadra di lavoro un particolare ambito progettuale, ma è, come dire, un benefico effetto collaterale.
Devi sapere che prima che introducessero i file collegati l'unico modo per poter lavorare in squadra su uno stesso file erano i workset, quindi questi ultimi sono una soluzione datata al problema.

L'importante nella nostra professione è sapersi fare le domande giuste, ed è lì che sta la genialità, le risposte che diamo sono solo il frutto delle conoscenze che possediamo in un determinato momento. Provo ad aiutarti in questo senso...

  • A che livello di dettaglio di progettazione si deve arrivare? (per sapere quanta modellazione e quante tavole occorrerà produrre, meglio avere un elenco tavole cone specificato cosa andrà finirà su di ognuna)
  • Con quale stile grafico si deve presentare il progetto? (questo può avere ricadute importanti in termini di preparazione ottimale del/dei template iniziali... in ogni caso si può sempre cambiare in corsa)
  • E' possibile individuare degli elementi di ripetitivi nel progetto? (ad esempio ci sono 21 piani, sono tutti diversi tra loro o sono variazioni di un piano tipico? all'interno di un piano ci sono strutture che distributive che si ripetono? - stanze di albergo o di ospedale, appartamenti ecc... questo aiuta ad individuare una possibile scomposizione del progetto in file collegati, ricorda il motto: "dividi e conquista")
  • Da quante persone è composto il team di lavoro? quali sono i punti di forza di ognuno? (ok sono 4 persone, ma con quale conoscenza del programma? chi possiede la migliore attitudine progettuale specifica sui layout interni oppure sui prospetti o sulle strutture ecc?...è importante per stabilire i ruoli organizzativi e per sapere a chi assegnare i compiti di progettazione sia nel caso si ricorra ai file collegati sia nel caso dei workset)

L'organizzazione tipica dei file collegati è la seguente: c'è un solo file "Master" che conterrà le tavole del progetto complete di cartiglio e le relative viste; all'interno del file master vengono collegati tutti i file che contribuiscono alla realizzazione del modello. La scomposizione del modello in sotto-parti dipende moltissimo dalle caratteristiche geometriche e funzionali del progetto, quindi non c'è una regola precisa da seguire.
Un gruppo di file sarà dedicato alla modellazione del contesto e delle sistemazioni esterne. Un altro gruppo di file definirà l'organismo edilizio che state progettando.
Banalmente dopo aver raccolto ciò che si "vede" architettonicamente in un edificio, si può separare la struttura con gli assi strutturali da tutto il resto, raccogliere insieme tutto ciò che riguarda la parte impiantistica (canalizzazioni dell'aria, adduzioni, scarichi, ventilazioni, aerazione dei vani scala, macchinari impianto meccanico e quadri elettrici, ecc...), eventualmente separare i presidi antincendio (estintori, naspi, sprinkler, allarmi sonori e visivi, segnaletica ecc...) e così via per quel che riguarda la scomposizione secondo il sistema tecnologico e funzionale.
Geometricamente invece potresti separare l'edificio per piani, per settori in pianta, per volumi unitari ecc... dipende dalla morfologia del progetto, dall'altezza dei livelli di progetto e dal contesto, ecc...
Queste suddivisioni hanno lo scopo di definire gli ambiti progettuali sposandosi bene con la caratteristica fondamentale di un processo di progettazione, che è per sua natura iterativo e ciclico, ma che altresì impone, con violenza concettuale, dei salti di scala passando gradualmente dal generale al particolare, dal tutto alle parti.
Verosimilmente quindi si potrà partire da un unico grande file che andrà sempre più definendosi nelle sue parti, poi a tuo giudizio potrà cominciare ad essere suddiviso per essere gestito anche dai tuoi colleghi di lavoro (che potranno avere a loro volta collegati all'interno i file che non competono loro per avere un aggiornamento semiautomatico di quello che gli altri stanno facendo ogni volta che li ricaricano manualmente o riaprono il file su cui stanno lavorando).
Tutti i file vengono collegati nel Master e in questo caso ci si potrebbe avvalere dei workset per chiudere la documentazione delle tavole.

Per come si utilizzano tecnicamente i collegati ti rimando alla guida in linea e a numerosi discussioni sul forum se non li hai mai utilizzati prima.

Velocemente sui workset, per poterli utilizzare si devono abilitare una prima volta andando nell'apposita scheda e cliccando sul tasto dei workset.
Da quel momento il file in cui stai lavorando diventa il file centrale, per questo motivo sarebbe bene che si trovasse già al momento della creazione dei workset nella posizione accessibile a tutti dove risiederà per tutto il tempo del progetto. Infatti basta rinominare una cartella del percorso o semplicemente copiarlo o spostarlo per farlo diventare una copia locale. Dalla stessa scheda si possono creare quanti workset si vogliono, è necessario poi avere cura di spostare gli elementi del modello sui workset corrispondenti.
Il file centrale è il vero file di lavoro con copie di backup che permettono di riportare il file ad un salvataggio precedente, quello che Revit consente è fare lavorare più persone sullo stesso file attraverso una copia locale del file centrale, una copia cioè specifica per ciascun utente.
Per questo è utile, ma non fondamentale, avere un numero di workset (leggi collezioni di oggetti) minimo superiore o uguale al numero di persone che compongono il team di lavoro.
Se si usano i file collegati e i workset si potrebbe creare un workset per ciascun file collegato o per gruppi di file collegati che abbiamo una caratteristica importante che li accomuni.
Quando si lavora in una copia locale del file centrale si deve avere cura di sincronizzare le proprie modifiche con il file centrale in modo da:
  • recepire le modifiche dei colleghi
  • rendere pubbliche le modifiche apportate al modello
E' buona norma sincronizzare frequentemente la propria copia locale con il centrale per ridurre al minimo l'eventuale insorgere di conflitti o la malaugurata perdita di dati del file centrale per cause esterne al programma (danneggiamenti del server di condivisione ecc...). Infatti è possibile trasformare una copia locale in file centrale quando la si salva con nome e si specifica con apposito segno di spunta nelle opzioni di salvataggio.
In caso di incoerenze o interferenze Revit interviene automaticamente segnalando un errore o un avviso che specifica quali elementi sono coinvolti e gli utenti che stanno generando il conflitto.
L'assegnazione dei workset deve rispecchiare possibilmente le attitudini progettuali emerse dall'indagine preliminare, serve nel caso di progetto in fase di sviluppo per stabilire le dovute gerarchie all'interno del team di progettazione su tematiche specifiche.

domenica, giugno 22, 2008

Risultati del sondaggio

Dai risultati del sondaggio è emerso che le maggiori difficoltà sono legate all'editazione delle famiglie e all'utilizzo delle varianti.

A parte qualche imbecille (statisticamente parlando) che ha segnato tutte le risposte, mi sorprende in negativo che ci sia un 25% che sente la mancanza dei layer.

Questo significa che non è stato digerito il concetto di categorie di oggetti, di What You See Is What You Get, e che molto probabilmente per il proprio lavoro si ricorre ad espedienti di manipolazione in AutoCAD.

Dal mio punto di vista è un male: innanzitutto significa che non si è compreso appieno il funzionamento del programma, ovverosia si sfruttano alcune caratterstiche dell'approccio BIM ma con finalità ristrette al CAD.
Diego Minato, alias Gjiom http://revit-landia.blogspot.com/ una volta mi disse che il problema maggiore dei nuovi utenti Revit con passato AutoCAD è che non riescono ad abbandonare la mentalità CAD in favore di una mentalità più propria, per tradizione, di chi opera nel settore dei componenti meccanici.
Come dargli torto? è senz'altro vero, infatti il CAD non è altro che la trasposizione del tecnigrafo e della carta sul computer, questo ormai è arcinoto.... all'inizio ha spiazzato molti la novità...ma in realtà era solo un cambio di strumenti, perchè l'approccio era rimasto il medesimo: sovrapposizioni di linee indipendenti; la difficoltà era di tipo tecnologico, non di concetto.

Intendiamoci, sono stati progettati i capolavori dell'architettura e dell'ingegneria con quegli strumenti, ma dietro di essi c'erano grandi idee che li manovravano, quindi non sono e non saranno mai solo gli strumenti a definire la qualità di un progetto e della sua realizzazione, ma di certo aiutano.

Occorre fare un ragionamento di più largo respiro.

Cos'è un progetto? Cos'è la qualità in un progetto? o meglio, nel processo edilizio?

Il prof. Maurizio Costantini sostiene che il progetto sia una prefigurazione della realtà, non una semplificazione a compartimenti stagni quindi, ma il gigantesco sistema di variabili interconnesse fra loro che si riversano nel tempo, nello spazio e nella dimensione economico-ecologica-sociale.

Ora la qualità di una prefigurazione di un sistema complesso è tanto maggiore quanto tutte le parti coinvolte in questo processo portano a compimento i loro incarichi negli estremi contrattuali pattuiti in precedenza.

E quindi in forza di questo contratto si può misurare il grado di soddisfazione delle parti e la rispondenza della realtà alle caratteristiche attese.

Il progetto è proprio quel contratto.

Se chi è preposto a redigere il progetto è incapace di controllare il processo edilizio prima che l'idea di progetto si immerga nella dimensione materiale, allora la qualità del progetto rischia di essere pesantemente compromessa.

Le cause possono essere molteplici e da ricercare nel campo di azione del progettista: in primo luogo la sua esperienza e preparazione, la sua disponibilità a mettersi in gioco sempre, il suo aggiornamento, i suoi strumenti di lavoro.

Purtroppo si dà minor peso al fine che non ai mezzi, e ci si ritrova attaccati ad un'idea di "lavoro" che rende più simili a dei mestieranti, mentre invece ci si dovrebbe sforzare di essere professionisti ad ogni costo.

Ora il fine è la qualità di processo, occorre disporre di un progetto il più vicino possibile alla realtà, per fare questo ognuno si sceglierà i mezzi a sè più congeniali, quelli che, utilizzati a regime, permettano di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo; è un discorso soggettivo, ma è possibile anche delineare dei comportamenti medi, in virtù dei grandi numeri di cui è costituito il "parco progettisti"; è oltremodo possibile azzardare delle previsioni tenendo conto di come questi comportamenti evolveranno in funzione di eventi esterni come l'introduzione di nuove tecnologie.

Ormai il professionista singolo copre una piccolissima parte del lavoro di progettazione, è in forte crescita invece l'associatività, talvolta occasionale, di realtà professionali diverse.
E' indispensabile quindi trovare un sistema per poter comunicare tra tutti i soggetti senza perdere informazioni.

L'altro grande tema per il rispetto del contratto e quindi per l'ottenimento della qualità è l'assenza o, più verosimilmente, il controllo degli errori. Un'efficace sistema di individuazione degli stessi e un processo per neutralizzarli apportando le modifiche necessarie in tempi ragionevoli.

Gli strumenti informatici di ultima generazione che permettono di realizzare queste condizioni fondamentali sono un'evoluzione rispetto ai sistemi CAD, ma nascono da un'idea completamente nuova, focalizzata sul fine, ovvero il BIM (Building Information Modeling, modello di informazioni edilizie). Questo concetto nuovo fa desistere quegli "utonti" che si ostinano a ripetere: "è troppo difficile, se non lo usa nessuno un motivo ci sarà".
Sono persone che non vedono un palmo più in là del proprio naso, che non hanno nemmeno la capacità di accorgersi che stanno per essere tagliati come rami secchi, perchè si scoraggiano al primo ostacolo. E' un costume diffuso anche tra i giovani purtroppo.
Passi a chi ha più di 40 anni, insoddisfatto e frustrato, ma per una mente giovane e fresca non è ammissibile.
Ad ogni modo un progettista che si meriti questo appellativo non si permetterebbe mai il lusso di non stare al passo con i tempi, ma questa è un'opinione strettamente personale.
Per quelli che credono che sia difficile c'è una bel detto: è facile sentire il rumore dell'albero che cade, mentre non ci si accorge nemmeno del rumore che fa la foresta che cresce.

Il BIM è un'identità con il progetto edilizio in tutti i suoi aspetti, non è generico e non è nemmeno un semplice disegno: è specifico del mondo dell'edilizia e rappresenta un modello n-dimensionale, dove n è il numero delle variabili della realtà che definiscono il processo edilizio.

Per poter utilizzare un BIM occorre una profonda comprensione della realtà delle cose, occorre avere un approccio da artigiani: olistico, tecnico e creativo nello stesso tempo.

La prima cosa è dunque staccarsi da una logica 2D per abbracciarne una dove entrino a pieno titolo la terza dimensione dello spazio, il tempo, i costi ecc...

In questo senso è senz'altro meglio una mentalità meccanica: rigorosità e cognizione dell'intero problema da molteplici punti di vista.

Veniamo a Revit.

Revit è un software BIM, la sua logica di scomposizione in categorie prevede che gli oggetti edilizi possano essere suddivisi in categorie, ognuna con caratteristiche particolari, predeterminate e immodificabili.

Quello che si ricava è quindi un insieme di oggetti 3D, 2D ecc...tutto è un oggetto e tutto risponde alla stessa logica.

Per gestire la visualizzazione non occorrono layer, ma è sufficiente agire sulle modalità di rappresentazione grafica delle categorie. Per ciascuna vista 2D/3D è possibile definire come dovrà essere stampato in tavola ogni elemento.
Esistono componenti 2D che appartengono alla vista di lavoro: per alcuni di questi è possibile cambiare l'ordine di visualizzazione e portarlo davanti o dietro ad altri oggetti...
Il what you see is what you get è proprio questo: ciò che vedete a monitor è ciò che otterrete in stampa, esistono dunque all'interno di Revit tutti gli strumenti necessari per modificare colori, spessori, motivi ecc...degli oggetti senza necessità di dover passare attraverso altri programmi e perdere tutta la forza del BIM.

Una piccola nota sulla difficoltà dell'editazione delle famiglie: andate a vedere come si costruiscono le famiglie in altre piattaforme, come ad esempio Archicad.... attraverso listati, codici, preoccupandosi di come deve essere rappresentato un oggetto spessori di linea ecc...

In Revit c'è a disposizione un motore grafico, di sicuro si otterranno oggetti meno complessi, ma a mio avviso con molta meno fatica.