È un evento che attendevo da parecchio, si tratta della
prima conferenza europea di Revit Technology, a Delft, Olanda. Le mie
aspettative sono molto alte perché sono anni che seguo forum e blog che
riportano i contenuti trattati durante le manifestazioni sorelle negli Stati
Uniti d’America e in Australia.
Ci sono molti personaggi “famosi” nell’ambiente Revit,
professionisti accreditati a livello internazionale e che hanno visto nascere
il cambiamento di quello che è il Building Information Modeling.
Il primo che incontro è David Conant, un’istituzione, “quello con i capelli” scherza lui,
per contrapporsi a Matt Jezyk che invece i capelli li porta cortissimi.
Sono due persone normalissime simpatiche e alla mano, scopro in poche battute
che purtroppo Autodesk ha deciso di fare a meno della consulenza di Conant (per
capirci, Conant rappresenta per Revit quello che per Pinocchio può essere, se
non Geppetto, almeno la fata madrina), “la vita va avanti ugualmente, prendo
ogni occasione nuova come un’opportunità” chiude lui con un’inattaccabile
ottimismo. Mi preannuncia che durante il suo intervento farà vedere qualche
chicca su cosa si può fare con gli abachi attraverso le API (tema a cui mi sono
avvicinato solo ultimamente che però mi ha subito intrigato facendomi scoprire
un panorama vastissimo di potenzialità), mi ha messo ancora più curiosità
quando ha fatto riferimento ad un video game basato sul motore di Revit e poi
ha concluso dicendo: ”finalmente ora che sono fuori dall’azienda potrò dire
tutte le cose che non vanno”. In effetti io sono qui per questo.
Jezyk è un architetto, gioviale e pratico, dentro alla
questione commerciale di diffusione del prodotto, mi è sembrato sinceramente
interessato a capire le dinamiche del mercato nel nostro Paese, se esistono
imprese che si occupano di costruzioni che hanno necessità di avere un modello
BIM: “ da un lato dell’equazione ci sono le imprese di costruzioni che spingono
per avere un modello BIM funzionante da interrogare; dall’altro lato di questa
equazione si trovano gli architetti che invece devono convincere e tirare dalla
loro parte i consulenti, la committenza...è stato faticoso anche da noi otto
anni fa quando abbiamo cominciato, ma da quando hanno provato il BIM non
tornerebbero mai indietro al 2D, ora con una decina di progetti alle spalle fatti
dalla concezione alla realizzazione in Revit la strada è stata segnata”.
Insomma potrebbe esserci speranza anche per noi a suo dire.
In un angolino della sala trovo Harry Mattison di Boost your
BIM accompagnato da sua moglie (che dai lineamenti si sarebbe potuta scambiare
per un architetto olandese), ho comprato il suo ottimo video corso di 5 ore sulle
API in Revit qualche tempo fa, gli ho fatto volentieri una buona recensione e
lui ha colto l’occasione per ringraziarmi. Si dà molto da fare per la
divulgazione e ci terrebbe a realizzare un prodotto con i piedi per terra, “sporco
di realtà” e non qualcosa di accademico e fine a se stesso. In cantiere ha
altre 5 ore di video per un livello più avanzato e accetta volentieri consigli
e suggerimenti su come e quali tematiche sia meglio affrontare per spiegare le
potenzialità delle API per risolvere problemi di complessità crescente. In
effetti il suo scopo apertamente dichiarato era proprio far fare della ginnastica alla mente, per me è
così, è la spinta che mi ci voleva per continuare ad imparare cose nuove e
applicarle subito nel mio lavoro.
Incontro fugace con David Light, ex HOK, ora in Case (come ricompensa per quanto ha patito
nel suo lavoro precedente a suo dire) da poco meno di un anno, porta la sua
esperienza in una delle aziende più effervescenti nel campo dello sviluppo di
add-in per Revit. Mi chiede se sono stato a qualche altro RTC prima di ora e
all’Autodesk University, perché purtroppo i RTC sono più delle manifestazioni
commerciali, mentre all’AU ci sono le stesse persone che soffrono insieme a te di
quello che non va nel software o nel lavoro di tutti i giorni. Onestamente
essendo la prima volta che partecipo a un evento di questa natura non so come
prendere la sua opinione, mi riservo di farmi un’idea più chiara quando tutto
sarà terminato.
Intravedo Steve Stafford accompagnato da suo figlio ma non
trovo modo di parlargli, si stanno dirigendo tutti verso il ristorante per la
cena dedicata agli oratori della conferenza.
Riesco a fare due chiacchiere con Julien Benoit, ingegnere
civile francese e Factotum per l’azienda con cui collabora. Si occupa da sempre
di cantierizzazione e strutture, dice di conoscermi dopo aver letto il mio nome
sul badge, ma non si ricorda dove. La conversazione prende una piega surreale
quando mi rendo conto che potrebbe essere l’inizio di una barzelletta: “ci sono
un italiano e un francese in Olanda che parlano tra loro in inglese….”. Mi racconta
di un suo collega italiano, Alessio Maggi, che fa il suo stesso lavoro e che
gli ha amaramente confidato che vorrebbe molto tornare a lavorare in Italia, ma
in questo momento non ci sarebbe posto per le sue competenze sul nostro mercato
del lavoro. Purtroppo ho dovuto confermarglielo, la realtà di piccole imprese di
costruzioni o di piccoli studi che riescono a stare a galla oggi non riescono a
dotarsi di tecnologia e software all’avanguardia, non riescono ad affacciarsi
sul mercato facendosi propulsori dell’innovazione di metodo. Si lamenta del fatto
che in Francia ci siano fior di studi che comprano moltissime licenze Revit ma
che alla fine non vengano utilizzate perché vengono a mancare i soldi per la
formazione e di questo sembra ritenere un po’ colpevole Autodesk, la quale
punta a vendere il maggior numero di licenze lasciando poi soli gli utenti ad
occuparsi dell’effettiva adozione della tecnologia BIM. Dato che conosco
Emmanuel Di Giacomo di Autodesk Francia e so quanto invece sia una persona che
ha prima di tutto passione per ciò che fa, ad ogni livello, mi viene difficile credere
che sia davvero così come mi racconta. Forse la verità sta nel mezzo, forse, è
semplicemente la pura conseguenza dell’immobilismo della crisi che non fa
investire nei corsi di formazione quando invece sarebbe il momento migliore
perché c’è meno lavoro e ci si potrebbe concentrare senza frenesia ad imparare
meglio le metodologie nuove, i nuovi software e sviluppare gli standard per il
proprio lavoro. Lo so è utopistico, ma l’utopia è come l’orizzonte: se ti
sposti di un passo, si sposta di un passo, se ti sposti di tre passi si sposta
di tre passi, a cosa serve l’utopia? A farci camminare.
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