sabato, settembre 28, 2013

Revit Technology Conference 2013 - Giorno 2

La giornata è cominciata con una piccola dimostrazione di forza di Autodesk, in verità sotto l’evocativo titolo della lezione “quando le famiglie diventeranno coscienti” sono stati mostrati i risultati di un progetto di ricerca interno ad Autodesk (nome in codice Honeycomb, nido d'ape) che cerca di fondere insieme i benefici di un approccio tradizionale alla creazione di famiglie con quello più analitico attraverso script esterni o procedure più complesse (leggi varie implementazioni di Dynamo o più specifici linguaggi di programmazione).
Il concetto è che la maggior parte di questi comandi esterni implementati attraverso le API oppure attraverso la programmazione visuale di Dynamo, sono poco affidabili in quanto non vengono aggiornati costantemente, sono sotto questo aspetto contrari alla natura specifica di Revit. Inoltre quando il file del progetto viene fatto circolare al di fuori del proprio studio e finisce ad un consulente che non possiede questi particolari script, queste funzionalità aggiuntive cessano di esistere, non sono quindi replicabili. Il progetto Honeycomb vorrebbe quindi integrare la leggerezza di un semplice codice all’interno della tecnologia di un progetto o incorporare dei comportamenti all’interno dei diversi componenti, siano essi di sistema oppure no, per poter garantire la congruenza di comportamento attraverso il passaggio di file da uno studio ad un altro ad esempio.
Le implicazioni potrebbero essere molteplici: la prima applicazione utile che mi è venuta in mente potrebbe essere quella di compilare un abaco delle finiture per i locali e far in modo che il materiale di finitura dei muri possa cambiare automaticamente in accordo con quanto definito nell’abaco. Sono stati portati esempi di componenti autoadattanti che sono molto più performanti di una serie di vincoli che possiamo esplicitare in una famiglia ad esempio.
Non ho apprezzato molto l’intento di Autodesk in questo senso perché sono state mostrate delle caratteristiche che potrebbero non entrare mai a far parte del software, mentre invece ci sono problemi sanguinosi ancora aperti oppure strumenti da rifinire e completare nelle funzionalità che non si sono guadagnati ancora il diritto di entrare a far parte delle lista di cose da fare assolutamente ma che avrebbero un impatto molto pesante in senso positivo sul lavoro di tutti i giorni.
La seconda sessione del mattino che ho seguito è stata tenuta da Harry Mattison di Boost your BIM, un ex collaboratore di Charles River Soft che poi ha preso il nome di Revit Technology fino all’acquisizione da parte di Autodesk. Dal 1998 al 2012 ha lavorato nella stanza dei bottoni di Revit e lo conosce in modo profondo. Quello che ha cercato di dimostrare in pochi esempi è come sia possibile rendere i nostri progetti addirittura più intelligenti attraverso l’utilizzo delle API. Anche in Italia con Diego Minato e Renato Caenaro ho potuto vedere cose piuttosto complesse gestite con un’applicazione esterna realizzata appositamente per gestire dati di un modello BIM e produrre documentazione standard di layout di supermercati ad esempio. Questi sono strumenti che fanno risparmiare tempo senza dubbio ma quelli che ha mostrato Harry sono esempi in cui le applicazioni esterne aiutano a fare scelte progettuali mentre si lavora, ad esempio tenendo sotto controllo la lunghezza dei percorsi per raggiungere una particolare stanza e quindi riformulare la forma dell’edificio sulla scorta di un piano tipo ottimizzato, piuttosto che tenere sotto controllo la distanza dalle vie d’uscita ed intervenire su altri aspetti progettuali sempre prima nella concezione del progetto.
Si possono anche ridefinire dei comandi attraverso le API o attivarne di altri in funzione di determinati eventi di innesco come ad esempio l’apertura di una vista, il salvataggio o l’apertura di un documento ecc. ad esempio è possibile definire le proprie finestre di dialogo e impostare i valori di default di quando si collega un oggetto da "Auto: centro a centro" a "Auto: origine a origine".
La particolarità di Harry è la velocità con cui riesce a realizzare strumenti utili al volo: giusto il tempo di un panino ed è tornato con un video fatto per spiegare un comando che rispondeva ad una richiesta che un altro partecipante gli aveva posto per individuare quando un elemento attraversa, ad esempio, un controsoffitto o una parete che abbia una determinata resistenza al fuoco e che quindi deve essere monitorato per i fini della manutenzione con una frequenza particolare e che deve essere quantificato in un report esterno. Vedendolo lavorare sembra davvero tutto semplice, ed è un po’ questo ciò che meraviglia di una persona con un talento come il suo.
Chiacchierando un po' con lui gli ho chiesto se esistesse un modo per aggirare il problema delle annotazioni in Revit attraverso le API ma lì il suo disappunto sulla questione è venuto fuori e si è sfogato di quanto poco ancora sia stato fatto per risolvere questo tipo di problematiche (ad esempio le etichette della categoria dei montanti di facciata continua mancante, o l'inconsistenza delle viste collegate per quanto riguarda le quote che si riferiscono ad elementi collegati in un primo file come associati e poi ricollegati in un altro file... provate: dentro il file A collegate un file B nel quale è collegato un file C come associato, se in B tracciate delle quote che interessano gli elementi di C e successivamente collegate la vista  di B in A non riuscirete a vedere le quote sugli elementi di C).
Durante la tarda mattinata si è tenuta una prima parte della lezione dedicata allo sviluppo di standard di utilizzo Revit per l’Europa, in realtà doveva essere proprio il filo portante della conferenza, trovare dei punti in comune per avere del materiale valido da cui partire. C’era una vignetta esplicativa: due persone parlano e una fa all’altra “hey ci sono 14 tipi di standard concorrenti, dobbiamo fare qualcosa” e l’altro ribatte “si abbiamo bisogno di un solo standard” ed il risultato è che di lì a poco ci sarebbero stati 15 tipi di standard.
Ognuno sembra avere una specie di ricetta, molti dichiarano di utilizzare uno standard di riferimento ma non tutti sono veramente in grado di garantire la consistenza e la completa aderenza ad uno standard proprio per la natura collettiva del lavoro, altri sono partiti dalla codifica delle categorie e dei materiali, delle tipologie costruttive, della forme e hanno ottenuto un complessissimo codice parlante da utilizzare per dare un nome agli oggetti o ai parametri contenuti in essi. Usando una serie di strumenti automatizzati è possibile non essere inghiottiti da questa giungla di codici ma ovviamente una volta implementato e visto funzionare resta ancora qualche limite linguistico da superare, di localizzazione, perché a quanto pare quasi tutti riescono a vedere il valore di avere uno standard per la collaborazione con altri progettisti, ma non tutti per la verità condividono questo punto di vista. O meglio la questione non è tanto semplice da dirimere apparentemente perché purtroppo non è ben chiaro cosa sia uno standard e quando c’è confusione su una cosa fondamentale come questa difficilmente si può venire a capo di qualcosa di utile, soprattutto in un dibattito di un’oretta scarsa.
Dal mio punto di vista non si deve confondere lo standard di utilizzo di Revit con l’aderenza alla normativa di un determinato Paese, o, peggio ancora, con un protocollo di scambio dati come ad esempio l’IFC.
Quello che costituisce uno standard sono le pratiche da adottare nella realizzazione dei modelli per far si che si possano eseguire tutte le analisi possibili sul progetto partendo dall’insieme dei modelli interdisciplinari che lo costituiscono.
Ci sono regole da rispettare per ottemperare alle esigenze di ciascun tipo di analisi, da quelle energetiche che richiedono ad esempio che i muri siano un solo oggetto multi strato per poterne computare i correttamente i valori di trasmittanza con una certa affidabilità nei nodi per la modellazione dei ponti termici, a quelle strutturali dove ad esempio si devono modellare le giunzioni tra un muro e un solaio, quindi il muro non potrà essere unico dalla base alla sommità ma dovrà essere interrotto in corrispondenza dell’intersezione dei diaframmi orizzontali, ancora ci sono le analisi dei costi cui strumenti come le parti possono portare seri benefici a garanzia dell’attendibilità del modello e tutto questo quindi porta a definire quale livello di dettaglio e affidabilità si vuole avere nel modello.
In poche parole si deve codificare la prassi da seguire nel nostro lavoro per parlare effettivamente di collaborazione, partendo dal basso per i contenuti da includere e partendo dall’alto per stabilirne l’obbligatorietà all’interno di un progetto. Si tratta di un processo che va in due sensi e si spera trovi un punto di incontro a metà strada tra la fattibilità e l’utilità di una scelta simile per l’intera filiera delle costruzioni.
Si può obiettare che è un processo complicato e complesso, che dipende dalle abitudini locali o dagli standard interni ecc… forse perché sono in Olanda, mi è venuta in mente questa immagine esplicativa: quando si impara ad andare in bicicletta si stanno eseguendo una serie coordinata di movimenti, se dovessimo metterci a pensare a cosa dobbiamo fare ogni volta che saliamo su una bicicletta non ci sarebbe nemmeno il piacere di fare una passeggiata, mentre invece ci viene naturale, eseguiamo una serie complessa di operazioni in un ambiente in costante evoluzione, circondati da fonti di pericolo potenziali quando andiamo in strada, ma tuttavia sappiamo andare ugualmente spediti sia in Italia sia in Inghilterra dove hanno un codice della strada diverso dal nostro e guidano dal lato opposto della carreggiata: andare in bicicletta in modo corretto resta essenzialmente la stessa cosa ovunque. Perché non possiamo realizzare i nostri modelli BIM con la stessa naturalezza e grado di confidenza indipendentemente dal Paese in cui ci troviamo a lavorare?
Dai commenti che ho sentito e dagli interventi che altri partecipanti facevano sull’argomento sembra che Revit sia utilizzato come modellatore, non ci sono però informazioni nel modello, o semplicemente sono impostate male e rendono il modello inaffidabile. La sfida è quindi riuscire a realizzare modelli affidabili al 100% inserendo programmaticamente gli obiettivi da raggiungere e le metodologie da seguire in un contratto. Sembra che al di là dell’Atlantico questo tipo di approccio legale funzioni piuttosto bene e qualora ci siano consulenti che non siano in grado di fornire questo tipo di  prestazioni saranno costretti a dotarsi in breve tempo di una forma di outsourcing se vogliono rimanere competitivi sul mercato europeo e successivamente interiorizzarla nel proprio processo di lavoro.
Al termine di questa sessione ci sono state due lezioni di alleggerimento: la prima di “tips and tricks” per lo più cose arcinote, alcune molto banali, altre più sofisticate, ma nel complesso valevoli di essere menzionate e ricordate. La seconda è stata una carrellata di ultimi ritrovati tecnologici che avevano poco a che fare con Revit o il mondo delle costruzioni ad eccezioni di droni miniaturizzati per eseguire il laser scanning di un edificio. Non si sono toccati minimamente temi come sostenibilità tecnologica, servizi in cloud o nuove piattaforme di collaborazione  purtroppo.
A quanto pare questa prima edizione del Revit Technology Conference in Europa ha smosso un po’ gli animi su questioni più o meno spinose, ha portato allo scoperto i difetti di una cultura frammentaria ma che si sta a fatica mettendo a regime per dialogare con il resto del mondo.
La prossima edizione si terrà nel 2014 in agosto a Dublino, resterà con la formula a numero chiuso dei partecipanti per consentire l’interazione su una scala umana e avere uno scambio di idee in forma più sociale e proattiva.

2 commenti:

  1. mi son letto e spulciato tutti e 3 i tuoi post sulla conferenza di Delft!!! bhè massima invidia!! complimenti per i traguardi che stai raggiungendo!! spero di rivederci presto in Milano a qualche convegno magari ancora in Autodesk!! in bocca al lupo per tutto! sink69 D.

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  2. Ciao Davide! crepi il lupo, spero ci siano altre occasioni per scambiarsi delle idee, a presto :)

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