sabato, settembre 28, 2013

Revit Technology Conference 2013 - Giorno 1

Finalmente si comincia a fare sul serio.
Dopo una doverosa introduzione da parte di Wesley Benn (colui che ha fondato uno dei primi Revit User Group in Australia e a cui va attribuita la paternità dei Revit Technology Conference in tutto il mondo) in cui sono state ricordate le origini di questo tipo di eventi aggregativi, le finalità e i canali di comunicazione attraverso cui mantenere vivo l'interesse dei partecipanti, e dalle cui parole grondava una totale dedizione alla causa, si è passati ad una piccola ma simpatica introduzione di un rappresentante degli sponsor, Graphisoft (notoriamente produttori di ArchiCAD) che ha saputo cogliere l'occasione di un RTC per poter tentare di parlare ad un vasto gruppo di utenti di una softwarehouse concorrente di come loro declinano il concetto di Building Information Modeling.
Successivamente c'è stata una lunga presentazione  di un architetto facente parte del gruppo di lavoro del senatore Renzo Piano nel suo ufficio di Parigi, Bart Akkerhuis, che ha dimostrato come sia possibile utilizzare Revit con profitto anche all'interno di uno studio dove i processo creativo passa attraverso lo studio dei modelli fisici, riducendo il nostro beneamato modellatore parametrico alla strega di un utensile in più a disposizione dell'artigiano-architetto che ragiona per dettagli costruttivi, "pezzo per pezzo". Alla fine della giornata, in modi diversi e per i motivi più diversi, Renzo Piano è stato il protagonista assente di questa prima tornata di lezioni.
Quello per cui vale davvero la pena partecipare ad eventi simili è l'opportunità di avere a che fare con persone che hanno delle idee e delle esperienze da condividere.
Avendo questo in mente si capisce come mai spesso le "lezioni" di oggi si siano concluse con degli interrogativi che non hanno una vera risposta certa ma dipendono da una moltitudine di fattori esterni alla progettazione.
Ad esempio, David Conant ha spiegato come sia possibile ottenere un abaco "generico", nel senso di non legato a nessuna particolare categoria, con gli strumenti che possediamo oggi con la versione 2014. Basterebbe infatti filtrare una categoria qualsiasi per un contrassegno del tipo "XXXXXXXXXX" che difficilmente sarà usato per avere un abaco vuoto e successivamente creare una tabella personalizzando la barra del titolo. Si è soffermato poi sulle potenzialità delle API relative all'uso specifico degli abachi che ora possono essere controllati automaticamente, facendo risparmiare tantissimo tempo per la loro impostazione e in questo senso ridurre gli errori umani di inserimento dati nella tabella "generica" importando il contenuto di un foglio di calcolo Excel direttamente dentro Revit mantenendo addirittura la formattazione delle singole celle.
 Così sarebbe finalmente possibile "ruotare" una tabella con i parametri messi nelle righe e le istanze in colonna; oppure creare un abaco di abachi per fare un quadro riassuntivo del progetto dal punto di vista delle informazioni del progetto e delle dimensioni e quantità contenuti nel modello.
Certo, non era stato previsto un utilizzo simile inizialmente, ma sta di fato che queste possibilità esistono e sono alla portata di sa coglierle. Si possono utilizzare delle add-in per importare informazioni da un foglio Excel per popolare una miriade di parametri nel modello in modo semiautomatico ( a meno di non implementare un updater che innesca una rigenerazione dei contenuti collegati  dal foglio di calcolo esterno al verificarsi di una specifica azione, come ad esempio l'apertura della vista o la stampa, piuttosto che il salvataggio del file).
E alla fine è arrivato anche l'incredibile: lo snake in Revit. Basato su questo concetto di personalizzazione delle celle del titolo dell'abaco e di rigenerazione dei contenuti, un programmatore si è divertito a realizzare una copia del celeberrimo videogame.
La cosa più stupefacente è stata l'abilità di David in qualità di oratore di essere sempre un passo avanti alle domande che mi venivano in mente, era come se sapesse sempre a cosa stavo pensando in quel momento e un paio di frasi dopo sarebbe arrivata la risposta.
Nel pomeriggio ho assistito ad una lezione su come creare dettagli intelligenti in Revit da quello che definirei per il modo di fare, di parlare, di risolvere i problemi come consulente, il Diego Minato del Colorado, uno dei migliori speaker degli ultimi RTC in nord America messo in ombra solamente da quel gigante di Marcello Sgambelluri, sto parlando di Brian Mackey, con moglie e figlioletta di 3 mesi al seguito. Ero un po' scettico inizialmente sui contenuti della lezione, ma fortunatamente il livello di confidenza sull'argomento e la sua organizzazione dei template, sia di progetto sia delle famiglie (si esatto template delle famiglie personalizzate, basta rinominare l'estensione di una famiglia da .rfa a .rft e il gioco è fatto) mi hanno decisamente fatto cambiare in meglio la mia opinione. Anche perché era davvero uguale a Diego quando si mette all'opera. Difficile non dare ragione a tipi come loro ;)
Il suo intento è quello di fornire ai suoi clienti una libreria di componenti bidimensionali etichettabili (non avere nemmeno una singola linea tracciata ma solo componenti), efficienti (evitare le matrici di oggetti come la peste, meglio i dettagli ripetuti), nidificare e riutilizzare le famiglie di componenti il più possibile per avere consistenza di documentazione, popolare il template con delle viste base da duplicare come prima cosa (una per ciascun tipo di vista) che contengano delle note esplicative su come utilizzare questo tipo di componenti per avvisare gli utenti della loro esistenza e di attenersi a poche semplici regole per raggiungere gli obiettivi facendo il minimo sforzo.
Successivamente Julien Benoit ha spiegato come nella sua azienda si faccia ricorso quotidianamente all'utilizzo delle parti per poter ottenere computi precisi (uno su tutti negli abachi delle parti c'è la possibilità di computare correttamente l'altezza massima di un muro anche se associato), avere un unico modello per più analisi, collaborare in modo più proficuo nelle fasi iniziali con i consulenti anche agendo sulle parti negli elementi dei file collegati, mantenere gli oggetti multistrato come un solo elemento a beneficio delle simulazioni energetiche del modello. In questo modo sono in grado di prendere decisioni importanti prima di andare in cantiere e di monitorare ciò che accade ed eventualmente cambiare direzione per rispettare i tempi di consegna, adempiendo agli obblighi di legge  creando tavole dedicate per spiegare alle maestranze cosa andranno a fare e come durante la giornata di lavoro ricorrendo a viste assonometriche per garantire un'ampia leggibilità e una migliore conoscenza per tutti dell'ambiente di lavoro in cui operano nelle migliori condizioni di sicurezza. Decisamente notevole il progetto di dismissione e rimozione di una centrale nucleare con la divisione in parti di un edificio in calcestruzzo armato piuttosto complesso anche per via delle diverse densità di calcestruzzo da 25 a 35 kg/dm^3 con conseguente problema di determinazione del massimo carico possibile per le gru di cantiere, posizionamento degli ancoraggi in funzione del baricentro del blocco per evitare che questi si ribaltassero durante la movimentazione (alcuni blocchi contengono fori e passaggi per diversi tipi di canalizzazione e quindi determinare il loro baricentro non è stato così semplice, per avere tutte queste informazioni e interagire con il loro standard dei fogli di calcolo si avvalgono di apposite API).L'importante in questo tipo di workflow non è sapere come si fanno determinati passaggi ma il perché si debbono fare. Julien ha mostrato bene come ci si possa ingegnare per sfruttare al massimo gli strumenti di cui disponiamo già per ottenere lo stesso grado di controllo sul progetto che potevano avere quando utilizzavano il CAD, senza modificare il modo di lavorare delle maestranze ma anzi fornendogli materiale più semplice da capire a beneficio di tutti per rispettare le scadenze.
E poi ecco che ritorna, Renzo Piano, l'estensione del Kimbell art museum in Texas. Una Case history raccontata da Kelly Cone, che ha speso due anni sul progetto per coordinare le diverse discipline, con tutte le problematiche di un progetto in continua evoluzione, tenere sotto controllo i costi, realizzarlo e controllarlo nella fasi di cantiere. Cruciale l'esame di alcuni passi del contratto che ha avuto una storia molto particolare: dalla stipula all'effettivo via alla cantierizzazione sono passati 3 anni, nel frattempo molte cose erano cambiate e alcuni dei loro consulenti non erano in grado di soddisfare le richieste contrattuali. Un esempio di revisione del contratto ha dimezzato la dimensione minima nel
i modelli passando a due pollici a un pollice (25.4mm). Fortunatamente grazie a questo tipo di accortezza sono riusciti a d intervenire in tempo sul posizionamento di alcuni impianti di sicurezza antincendio all'interno del controsoffitto di progetto senza doverlo abbassare; estremamente interessante anche dal punto di vista architettonico avere il controllo di tutti i dettagli dei getti in calcestruzzo (il cui costo andava dai normali 69$/yard^3 a oltre 400$/yard^3 vi faccio fare le equivalenze) che richiedevano un'elevatissima organizzazione delle casseforme per le quali erano consentite deflessioni massime di 1/4 di pollice su lunghezze di 40' senza tasselli intermedi: il risultato casseforme spesse 6' (circa 1,80m). Ho trovato il tutto molto istruttivo e ben esposto, e alla fine della giornata il bilancio è molto positivo, domani un altro ciclo di lezioni da cui spero di trarre nuovi stimoli e qualche consiglio utile da poter condividere.

giovedì, settembre 26, 2013

Revit Technology Conference 2013 - Giorno 0


 
È  un evento  che attendevo da parecchio, si tratta della prima conferenza europea di Revit Technology, a Delft, Olanda. Le mie aspettative sono molto alte perché sono anni che seguo forum e blog che riportano i contenuti trattati durante le manifestazioni sorelle negli Stati Uniti d’America e in Australia.
Ci sono molti personaggi “famosi” nell’ambiente Revit, professionisti accreditati a livello internazionale e che hanno visto nascere il cambiamento di quello che è il Building Information Modeling.
Il primo che incontro è David Conant, un’istituzione, “quello con i capelli” scherza lui,  per contrapporsi a Matt Jezyk che invece i capelli li porta cortissimi. Sono due persone normalissime simpatiche e alla mano, scopro in poche battute che purtroppo Autodesk ha deciso di fare a meno della consulenza di Conant (per capirci, Conant rappresenta per Revit quello che per Pinocchio può essere, se non Geppetto, almeno la fata madrina), “la vita va avanti ugualmente, prendo ogni occasione nuova come un’opportunità” chiude lui con un’inattaccabile ottimismo. Mi preannuncia che durante il suo intervento farà vedere qualche chicca su cosa si può fare con gli abachi attraverso le API (tema a cui mi sono avvicinato solo ultimamente che però mi ha subito intrigato facendomi scoprire un panorama vastissimo di potenzialità), mi ha messo ancora più curiosità quando ha fatto riferimento ad un video game basato sul motore di Revit e poi ha concluso dicendo: ”finalmente ora che sono fuori dall’azienda potrò dire tutte le cose che non vanno”. In effetti io sono qui per questo.
Jezyk è un architetto, gioviale e pratico, dentro alla questione commerciale di diffusione del prodotto, mi è sembrato sinceramente interessato a capire le dinamiche del mercato nel nostro Paese, se esistono imprese che si occupano di costruzioni che hanno necessità di avere un modello BIM: “ da un lato dell’equazione ci sono le imprese di costruzioni che spingono per avere un modello BIM funzionante da interrogare; dall’altro lato di questa equazione si trovano gli architetti che invece devono convincere e tirare dalla loro parte i consulenti, la committenza...è stato faticoso anche da noi otto anni fa quando abbiamo cominciato, ma da quando hanno provato il BIM non tornerebbero mai indietro al 2D, ora con una decina di progetti alle spalle fatti dalla concezione alla realizzazione in Revit la strada è stata segnata”. Insomma potrebbe esserci speranza anche per noi a suo dire.
In un angolino della sala trovo Harry Mattison di Boost your BIM accompagnato da sua moglie (che dai lineamenti si sarebbe potuta scambiare per un architetto olandese), ho comprato il suo ottimo video corso di 5 ore sulle API in Revit qualche tempo fa, gli ho fatto volentieri una buona recensione e lui ha colto l’occasione per ringraziarmi. Si dà molto da fare per la divulgazione e ci terrebbe a realizzare un prodotto con i piedi per terra, “sporco di realtà” e non qualcosa di accademico e fine a se stesso. In cantiere ha altre 5 ore di video per un livello più avanzato e accetta volentieri consigli e suggerimenti su come e quali tematiche  sia meglio affrontare per spiegare le potenzialità delle API per risolvere problemi di complessità crescente. In effetti il suo scopo apertamente dichiarato era proprio far  fare della ginnastica alla mente, per me è così, è la spinta che mi ci voleva per continuare ad imparare cose nuove e applicarle subito nel mio lavoro.
Incontro fugace con David Light, ex HOK, ora  in Case (come ricompensa per quanto ha patito nel suo lavoro precedente a suo dire) da poco meno di un anno, porta la sua esperienza in una delle aziende più effervescenti nel campo dello sviluppo di add-in per Revit. Mi chiede se sono stato a qualche altro RTC prima di ora e all’Autodesk University, perché purtroppo i RTC sono più delle manifestazioni commerciali, mentre all’AU ci sono le stesse persone che soffrono insieme a te di quello che non va nel software o nel lavoro di tutti i giorni. Onestamente essendo la prima volta che partecipo a un evento di questa natura non so come prendere la sua opinione, mi riservo di farmi un’idea più chiara quando tutto sarà terminato.
Intravedo Steve Stafford accompagnato da suo figlio ma non trovo modo di parlargli, si stanno dirigendo tutti verso il ristorante per la cena dedicata agli oratori della conferenza.
Riesco a fare due chiacchiere con Julien Benoit, ingegnere civile francese e Factotum per l’azienda con cui collabora. Si occupa da sempre di cantierizzazione e strutture, dice di conoscermi dopo aver letto il mio nome sul badge, ma non si ricorda dove. La conversazione prende una piega surreale quando mi rendo conto che potrebbe essere l’inizio di una barzelletta: “ci sono un italiano e un francese in Olanda che parlano tra loro in inglese….”. Mi racconta di un suo collega italiano, Alessio Maggi, che fa il suo stesso lavoro e che gli ha amaramente confidato che vorrebbe molto tornare a lavorare in Italia, ma in questo momento non ci sarebbe posto per le sue competenze sul nostro mercato del lavoro. Purtroppo ho dovuto confermarglielo, la realtà di piccole imprese di costruzioni o di piccoli studi che riescono a stare a galla oggi non riescono a dotarsi di tecnologia e software all’avanguardia, non riescono ad affacciarsi sul mercato facendosi propulsori dell’innovazione di metodo. Si lamenta del fatto che in Francia ci siano fior di studi che comprano moltissime licenze Revit ma che alla fine non vengano utilizzate perché vengono a mancare i soldi per la formazione e di questo sembra ritenere un po’ colpevole Autodesk, la quale punta a vendere il maggior numero di licenze lasciando poi soli gli utenti ad occuparsi dell’effettiva adozione della tecnologia BIM. Dato che conosco Emmanuel Di Giacomo di Autodesk Francia e so quanto invece sia una persona che ha prima di tutto passione per ciò che fa, ad ogni livello, mi viene difficile credere che sia davvero così come mi racconta. Forse la verità sta nel mezzo, forse, è semplicemente la pura conseguenza dell’immobilismo della crisi che non fa investire nei corsi di formazione quando invece sarebbe il momento migliore perché c’è meno lavoro e ci si potrebbe concentrare senza frenesia ad imparare meglio le metodologie nuove, i nuovi software e sviluppare gli standard per il proprio lavoro. Lo so è utopistico, ma l’utopia è come l’orizzonte: se ti sposti di un passo, si sposta di un passo, se ti sposti di tre passi si sposta di tre passi, a cosa serve l’utopia? A farci camminare.
 
Tanto per la cronaca sono il primo e unico italiano che partecipa alla conferenza, domani ci saranno i primi incontri e ho dovuto fare una scelta perché purtroppo sono sempre tre lezioni diverse in contemporanea ma cercherò di captare più informazioni che posso.

martedì, luglio 09, 2013

BIM Manager, pensieri ad alta voce

Riporto il contenuto di una serie di domande che mi sono state rivolte da un professionista sul tema del BIM e in particolare sul ruolo del BIM Manager. Vorrei condividere il mio pensiero, anche se qualcuno mi critica, mi considera un incapace e che, essendo il BIM un arte, non sono abbastanza artista per esser degno del ruolo che ricopro.

In che cosa consiste il ruolo del BIM manager in uno studio di architettura?

Ha un ruolo decisionale per ciò che concerne la strategia da adottare per concepire e organizzare i modelli del progetto durante tutto l'iter progettuale, o da un punto particolare del processo di progettazione.
Ogni progetto dovrebbe avere un suo BIM Manager come figura cui fare riferimento per quegli aspetti tecnici che coinvolgono anche i collaboratori al di fuori dello studio di progettazione architettonica (strutturisti, impiantisti, paesaggisti, illuminotecnici, ecc...). Quando si ha un quadro delle esigenze completo, dalla committenza in giù, al BIM manager tocca il compito di progettare il flusso di lavoro per il suo team interno e stabilire l'interazione con i team di lavoro esterni.
Questo si declina in diverse attività, da quelle meramente tecnico-informatiche a quelle di tipo gestionale/contrattuale. Quello che viene prodotto è un modello di informazioni, ciò che viene scambiato è ancora  un modello di informazioni, tutto ciò che esce da questa logica (le stampe cartacee o in formato digitale e i relativi file CAD vettoriali, le viste foto-realistiche, ecc...) va a perdere in tutto o in parte l'intelligenza del modello, ciononostante il BIM Manager deve assicurare l'integrità delle informazioni che derivano dal modello.
A livello aziendale è necessario stabilire delle linee guida robuste e assicurare la consistenza dei materiali prodotti, risolvere le non conformità, migliorare programmaticamente i processi di lavoro. Questo significa sviluppare le risorse da inserire nei processi dal punto di vista delle procedure, dei contenuti e più in generale delle conoscenze per comprendere quali siano gli obiettivi da raggiungere, affiancate dal "saper fare" di un artigiano, quello che fa la differenza tra un professionista serio ed un mestierante.
In uno studio di architettura italiano è necessario tenere presente il livello atteso di qualità della rappresentazione finale, questo oltre alla correttezza del modello e alla consistenza documentale. 
Purtroppo manca un riferimento legislativo comunitario, la base culturale all'approccio BIM nell'accezione europea è ben radicata nei paesi scandinavi dove sono state adottate piattaforme di controllo della progettazione virtuale come passaggio standard delle procedure edilizie. In Inghilterra il passaggio al BIM è stato programmato per quel che concerne i lavori pubblici, ci si attende in questo senso un rinverdimento tempestivo della normativa di settore anche nel nostro Paese, con l'auspicio di semplificare le procedure burocratiche e aumentare la soddisfazione di tutti i protagonisti della filiera edilizia.

Quali sono le competenze tecniche e le esperienze personali necessarie per svolgere tale ruolo? la conoscenza completa e approfondita di programmi BIM è sufficiente?

Sono un laureato in Ingegneria Edile/Architettura dell'Università degli Studi di Pavia, ho cominciato a cambiare il mio modo di progettare avvicinandomi al BIM sin dal 2006, da autodidatta, e da allora ho sempre proseguito su questa strada. La mia formazione si è rivelata più efficace di quanto avessi creduto quando ero ancora studente, la forma mentale con cui mi approccio ai problemi si è rivelata poi un'arma vincente: non si deve temere di avere dei dubbi, dobbiamo porci le domande giuste. Utilizzare un approccio BIM  alla progettazione significa avere un approccio olistico alla stessa, generale e specifico insieme, sapendo però gestire il livello di dettaglio delle informazioni su cui concentrarsi di volta in volta e risolvere prima molti dei problemi che si possono verificare in un normale iter progettuale.
Esperienza, questa è la chiave di tutto, è ciò che siamo eticamente obbligati ad acquisire e a passare a chi verrà dopo di noi, per impedire che si ripetano gli errori del passato e per poterne fare di nuovi, poiché questi in fondo possono rivelarsi una spinta all'innovazione creativa.
Quindi no, non basta conoscere solo lo strumento, il BIM è una metodologia, non è un pacchetto di software, e tanto più si è addentro nella comprensione del processo edilizio e dell'oggetto edilizio che si sta progettando, tanto più redditizio sarà il passaggio a questa metodologia.

E' stato assunto con la carica di BIM manager o è un ruolo che ha acquisito con il tempo all'interno dello studio?

Sono stato contattato proprio in qualità di BIM Manager e più nello specifico di esperto Revit. All'inverso di quanto chiede, nel tempo ho assunto un ruolo poliedrico che va dalla progettazione alla gestione degli standard interni sia CAD sia BIM.

Avete riscontrato miglioramenti significativi nell'organizzazione del lavoro e del processo edilizio (ideazione-progettazione-realizzazione-gestione)?

Per la natura dei progetti che seguo in questo studio, l'approccio BIM viene utilizzato con successo nella fase esecutiva e poi quella successiva di controllo della realizzazione affiancando i fornitori. Per economie di scala e per la composizione variegata dei collaboratori dello studio ci si è trovati ad utilizzare marginalmente il BIM e i suoi benefici in fase di ideazione, sta progressivamente diventando prassi ricorrere al BIM per la coordinazione della progettazione nelle fasi preliminari o di concorso perché si riduce drasticamente il tempo e le risorse necessarie a produrre documenti coerenti, si può badare alla sostanza e valutare opzioni multiple, in poche parole, si progetta di più e ci si rende meglio conto delle eventuali problematiche.

E' stato necessario svolgere formazione nei confronti dei suoi colleghi e soprattutto nei confronti degli altri attori del processo (ingegneri-impiantisti ecc..). Se si, quali difficoltà ha riscontrato?

Per quanto riguarda i colleghi è stato fatto un corso di formazione sulla piattaforma Revit che però ha dato i maggiori risultati per coloro i quali sono passati a tempo pieno su progetti basati su questo software. I collaboratori esterni sono rimasti spesso a tecnologie CAD e quindi abbiamo sviluppato una metodologia di lavoro che ci consente comunque di integrare la loro progettazione nella nostra. Quando i nostri partner esterni utilizzano Revit, il lavoro diventa molto più semplice e automaticamente strutturato: si stabiliscono standard di nomenclatura, si definiscono i requisiti dei modelli (il livello di affidabilità, il livello di dettaglio in funzione della fase di progettazione e della qualità di rappresentazione), i punti di interscambio, la matrice delle responsabilità per i modelli e la codifica di riferimento per le specifiche di prodotto e materiale.
Nella mia esperienza non ho mai, purtroppo, potuto confrontarmi con altre piattaforme BIM all'infuori di Revit.
L'unica nota dolente è che nel momento i cui si condivide un modello ci si rende conto di far circolare anche tutto il valore aggiunto che costituisce la risorsa caratteristica di uno studio di progettazione, ciò che per qualità ed efficienza lo differenzia da tutti gli altri. Un problema non indifferente se si pensa al lavoro che si profonde per affinare questi strumenti, non esiste ad oggi un modo per tutelare il diritto d'autore di queste metodologie e contenuti; potemmo assistere per il BIM a ciò che è avvenuto con la rivoluzione CAD, ossia una diffusione capillare a discapito però della qualità e della comprensione degli obiettivi, l'affermazione di uno standard tra i formati sul mercato (in realtà esiste già l'IFC ma siamo lontani dal poter dire che permette una descrizione identica a quella dei formati nativi). Diventa a mio parere necessaria una normativa snella che definisca i parametri per un processo di qualità minima: in questo modo si eviterebbe il temuto impoverimento della progettazione BIM, ci sarebbe un progressivo abbandono della tecnologia CAD in favore di piattaforme più evolute.
In ogni caso questo tipo di piattaforme hanno un grado di complessità tale da essere quasi autoimmuni ad approcci superficiali, col progredire dell'interrelazione delle discipline e dell'approccio olistico al tema edilizio sarà sempre più necessario partire prima con la formazione di professionisti orientati al BIM, posso affermare per conoscenza diretta che sono lodevoli in questo senso i corsi del Politecnico di Torino e di tutti gli altri Atenei che si avvicinano in modo scientifico a questo modo di operare.
C'è una richiesta crescente di professionalità legate al mondo BIM che, a differenza di quanto è stato per il CAD, comporta una rivoluzione di concetto e non strumentale:l'approccio dal tecnigrafo al computer per il disegno CAD è stato di tipo strumentale, per il BIM si richiede un salto di qualità che scende nell'essenza della progettazione, nella prefigurazione del comportamento reale attraverso un modello, misurandone le prestazioni, i costi, l'efficienza.

Una delle grandi potenzialità del BIM è l'organizzazione del lavoro tramite workgroup on line. Un modello può essere frammentato in base al ruolo dei diversi attori all'interno della filiera realizzativa ( architettonico, strutturale, impiantistico ecc.. ). Qualora applicaste tale metodologia di lavoro, qual'è il suo ruolo? è lei che gestisce e controlla attraverso il modello i diversi contributi tecnici?

Spingendo il concetto che esprime al limite questo rappresenta sicuramente la nuova frontiera: la collaborazione in tempo reale di figure diverse ognuno per la propria competenza, rilevando il più presto possibile le interferenze, rielaborando il progetto quando costa meno  prendere decisioni più o meno drastiche per ottimizzare il risultato nel rispetto della molteplicità degli obiettivi da raggiungere.
Partendo da una schematizzazione astratta per ruoli (Project Manager, BIM Coordinator, BIM Manager,collaboratore progettista, ecc...) è piuttosto normale trovarsi a coprirne diversi e contemporaneamente nella realtà. Direi che quella della coordinazione disciplinare sia più una vocazione del project manager del progetto, il BIM Manager sarà responsabile della correttezza e dell'integrità delle informazioni contenute nel modello, della loro reperibilità nel punto di scambio con le altre figure coinvolte nel processo edilizio. 

Il problema dell'interoperabilità tra i diversi software provoca disagi nel trasferimento delle informazioni o è un problema circoscritto a determinati programmi?

Porrei l'attenzione su questo tema in termini di perdita o meno dell'intelligenza del modello: quando posso avere uno scambio tra software in modo biunivoco, cioè quando le modifiche in un software che è concepito e ottimizzato per compiere un determinato compito (ad esempio analisi strutturale) si riflettono nel software che ha generato il modello da analizzare e che contiene tutte le informazioni necessarie per descriverlo allora l'interoperabilità è completa, si deve lavorare sull'istantaneità di questo passaggio.
Quando la biunivocità non è garantita e quindi si richiede l'intervento umano per allineare il modello nativo ai risultati di un altro software specifico, si ha un'interoperabilità parziale perché l'intelligenza non è del tutto persa per le finalità che si propongono nello scambio tra software ma le modifiche in uno non si riflettono nell'altro. Questo dipende anche dalle variabili che si vogliono ottimizzare, ad esempio la percentuale di aperture in una parete per massimizzare l'apporto dell'illuminazione diretta bilanciandola però per evitare il surriscaldamento interno nella stagione calda. Le modifiche necessarie comporterebbero un'alterazione del disegno delle aperture, delle loro proporzioni, del loro ombreggiamento, dei layout interni. Il compito del software che esegue queste simulazioni è quello di fornire delle indicazioni utili al progettista, poi spetta a questi trovare la soluzione migliore.
Quando si esce dalla logica BIM, ad esempio nella produzione di un'immagine fotorealistica, allora l'interoperabilità non serve: è giusto e necessario investire in flussi di lavoro che ottimizzino anche questo tipo di passaggi, ma sarebbe a mio avviso fuorviante considerare il BIM qualcosa di statico.

martedì, giugno 04, 2013

Visualizzazione tridimensionale dei locali


Ho scoperto per caso che è possibile ottenere da Revit in modo automatico la visualizzazione tridimensionale di qualsiasi locale, utile quando si debba procedere alla dimostrazione analitica dei volumi.
Certamente si può sempre ricorrere alle masse, in alcuni casi è anche più corretto e già messo in conto proprio con queste finalità, rimanendo ancora di più in un approccio BIM.
Tra qualche anno queste verifiche non saranno quasi più necessarie, almeno questo mi auguro, perché ci si scambierà direttamente un pacchetto di modelli e si otterranno le necessarie autorizzazioni in un processo di progettazione-costruzione virtuale.
Nel frattempo è possibile ricorrere all'esportazione in formato IFC.
Questo formato estrae da Revit le geometrie degli oggetti e le informazioni associate e le restituisce sotto forma di elenco ordinato per classi.
Per questa applicazione a noi interessa la classe IfcSpace che corrisponde alla categoria dei Locali in Revit.
Ho realizzato un piccolo esempio per verificare le potenzialità di questo metodo con un locale con tre lati rettilinei e uno curvo, dei pilastri con delimitazione del locale disposti in modo casuale, un tetto da estrusione curvo. Ho impostato il calcolo dei volumi nella apposita scheda dei locali e ho proceduto come segue, tenendo conto che in realtà il mio obiettivo è la visualizzazione dei locali.


Ho esportato il file in formato IFC, badando di selezionare la versione 2x3 oppure la GSA 2010 (per gli altri formati questo metodo sembra non funzionare).



 Successivamente ho aperto il file IFC in Revit; esiste un template di riferimento che mappa le classi con le categorie di Revit, purtroppo la classe IFC nella versione che sto utilizzando (RAC 2012) non è mappabile, per cui viene importata automaticamente come Modello Generico.



Quello che si ottiene è una famiglia in-place con le sue proprietà tra cui il suo volume (che purtroppo non ha nulla a che vedere con il volume calcolato da Revit), editando la famiglia si scopre che l'oggetto in questione è una specie di simbolo importato, l'equivalente di un solido CAD importato.
Disponendo di un Modello Generico si possono ricreare muri e tetti da superficie, nel caso di forme complesse però può risultare macchinoso.


Apparentemente questo metodo funziona solo per volumi che hanno un certo grado di complessità, in pratica se si segue la stessa procedura per un locale che ha la basi inferiore e superiore orizzontali e piane, la classe IfcSpace viene correttamente tradotta in un locale di Revit, e meno male!

sabato, maggio 11, 2013

Volta a vela irregolare parametrica



Prossimamente...

mercoledì, aprile 10, 2013

Tracciare campiture in tavola

Sarà capitato a tutti di avere la necessità di dover tracciare una campitura in una tavola di disegno, il problema è che questo non è ancora possibile in modo "diretto".
Esiste però un piccolo trucchetto per ovviare a questa limitazione, infatti si può ricorrere ai gruppi di dettaglio che come sapete si possono inserire in tavola e possono raccogliere una quantità di elementi 2D, sia componenti di dettaglio sia annotazioni.
Di seguito i passi da seguire:
  1. Creare un gruppo di dettaglio in tavola, ad esempio partendo da delle semplici linee (gruppo A)
  2. Creare un gruppo di dettaglio con una campitura in una vista di legenda ad esempio (gruppo B)
  3. Sostituire il tipo di gruppo di dettaglio in tavola (A) con quello che contiene la campitura (B) usando il selettore del tipo
  4. Escludere la campitura dal gruppo di dettaglio B
La campitura contenuta nel gruppo di dettaglio sarà ora modificabile come se l'avessimo tracciata in  prima istanza, purtroppo però non si possono usare le geometrie delle viste in tavola come snap per il contorno della campitura ma solo gli oggetti presenti nella vista di tavola (i bordi di taglio delle viste e le linee del cartiglio ad esempio).
Altra pecca è che i riempimenti solidi trasparenti risultano comunque coprenti con gli oggetti all'interno delle viste, ma è sicuramente un buon punto di partenza.




mercoledì, luglio 18, 2012

Spostare i punti di un rilievo 2D alla quota indicata in AutoCAD

Oggi vado leggermente fuori argomento e parlo un po' di AutoCAD, strumento che rimane spesso presente nel mio flusso di lavoro, vuoi per comunicare con i consulenti, vuoi per alcune operazioni fondamentali  di preparazione dei file da importare in Revit.

Da questa discussione su Revit Forum


ho deciso di pubblicare  un piccolo LISP che ho scritto per velocizzare delle operazioni noiose in CAD.
Tutto nasce dall'esigenza di avere un file in formato .CSV da utilizzare in Revit per generare una superficie topografica.

Un file CSV (Comma Separeted Values, ossia valori separati da virgola) si può ottenere facilmente grazie all'indispensabile xSurvey rilasciato da Gjiom, rimando alle pagine del forum o del suo Revit Landia dove se ne parla ampiamente.

Lo scenario tipico in cui mi trovo ad operare è quello di avere da un consulente esterno un DWG con i punti battuti nel rilievo, disegnati come oggetti punto con coordinata Z uguale a zero, e a lato un testo che ne riporta la quota assoluta in metri sul livello del mare.

Quello che fa questo LISP è creare una copia dei punti battuti su un layer (A-3D-POINTS) posizionandoli alla terna di coordinate (X,Y,Z) desunta dal punto a quota zero e dal testo accanto.
per motivi di praticità i punti originali vengono spostati su un layer che verrà automaticamente spento (HIDDEN) quindi sarebbe bene fare queste operazioni partendo da una copia di lavoro del vostro file di rilievo.

Quindi per ciascun punto battuto si deve selezionare prima il punto e immediatamente dopo la quota, ciclicamente fino ad esaurimento dei punti.
Inizialmente viene richiesto di esprimere il valore di un metro in unità di disegno (purtroppo capita di avere una pianta in centimetri e le quote accanto in metri se il rilievo è piccolo); in ogni caso di default viene considerato un disegno in metri.

Ho notato che su alcuni file lavorando dall'alto il LISP non funziona correttamente: crea la copia del punto ma la lascia a quota zero, probabilmente ha a che vedere con una variabile di snap che dovrei disattivare, indagherò appena posso.
Questo per dire che non ho nessuna pretesa di aver fatto un lavoro scevro da errori, anzi, è aperto a chi volesse migliorarlo, sarebbe utile poterne condividere su queste pagine gli eventuali sviluppi.

Tuttavia in una vista assonometrica il LISP funziona correttamente.

Ribadisco che è pensato per funzionare con degli oggetti punto e dei testi in testo multilinea, in caso di blocchi con attributi, ad esempio, si dovrà procedere diversamente.
Quindi nel caso non fosse possibile richiedere a chi fornisce il rilievo di averlo in 3D si può utilizzare, con pazienza, questo piccolo strumento.

Per visualizzare meglio i punti scegliete il contrassegno che vi piace di più digitando alla riga di comando "._ddptype".

Per caricare il LISP occorre digitare alla riga di comando APPLOAD e richiamare il comando digitando 3DP.

Lo potete trovare a questo link.



domenica, marzo 11, 2012

Come partire con un team di lavoro di più persone #2

Ecco altre domande in una mail seguente che chiedevano altri chiarimenti sui workset e sui file collegati.

"1) abbiamo una conoscenza simile del programma
2) arriveremo ad un dettaglio al 200 con le sezioni in nero

3) quuanche dettaglio al 20

4) dei 21 piani abbiamo 6 tipologie

5) vorremmo utilizzare i workset


da qui la domanda.

1a) non mi e' chiaro come richiamare il file in locale

2a) come do ad un utente le autorizzazioni

3a) se lavoriamo su uno stesso piano utenti diversi possono lavorare inocntemporanea per esempioo sui muri?

4a) come poi risincronizzare....?

e' possibile simulare in locale

con 2 revit aperti uno con lo sfondo bianco e uno con lo sfondo nero cosi da aver ben chiaro i 2 utenti....

ti ringrazio.

ps sui link ho notato che non posso eseguire unisci geometrie quindi su di un edificio di 21 piani i link sono per piano?"

Ecco la mia risposta.

1a) il file locale si può chiamare come si vuole, l'importante è il percorso del file centrale che non deve cambiare; il mio consiglio è di mettere in appendice al nome del file, il nome dell'utente che ha generato la copia locale;

2a) un workset utente può essere di proprietà di un solo utente per volta l'importante è che a fine sessione di lavoro ogni workset venga "rilasciato". La proprietà di un workset implica che ogni modifica da parte degli altri utenti ad oggetti che insistono su quel determinato workset debba richiedere l'autorizzazione preventiva del proprietario. Se nessuno è proprietario di un workset si diventa temporaneamente "richiedenti" per determinati oggetti di quel workset fintanto che non si sincronizza nuovamente il proprio lavoro sul file centrale;

3a) Si è possibile, dipende anche da come si è deciso di organizzare i workset, potrebbe essere noioso continuare a dover chiedere delle autorizzazioni al collega proprietario o al collega che possiede il controllo di un workset adiacente alla lunga. Ma se le richieste non sono troppo frequenti da continuare a bloccare il lavoro non c'è problema.

4a) Per sincronizzare c'è un apposito tasto sia sulla Quick Access Toolbar sia nella scheda dedicata ai workset

La simulazione può essere fatta ma si deve avere cura di specificare in ognuna delle sessioni parallele un nome utente differente R>Opzioni>utente... se poi volete cambiare i colori di sfondo fate pure, ma non è affatto necessario perché non si vedono le modifiche apportate dagli altri in tempo reale; può servire per capire la funzione della sincronizzazione e come si utilizzano i privilegi di proprietario per bloccare/consentire le modifiche da parte di un richiedente ecc...

Per quanto riguarda i file collegati, si è vero che non si possono unire le geometrie ma sono dei ritocchi grafici che possono essere sistemati in 2D nelle viste che si deciderà andranno in tavola: è un piccolo prezzo da pagare di fronte a tutti i benefici che comporta in termini di gestione delle risorse macchina e organizzative del lavoro.

Come partire con un team di lavoro di più persone

Scrivo questo post a seguito della richiesta di aiuto che mi è pervenuta da uno studente del Politecnico di Milano. Il tema di progettazione è un edificio di dimensioni considerevoli e con una ventina di piani. A seguire un estratto della sua mail di richiesta.

"....la prof ci ha dato un progetto da elaborare in 4 ed ero intenzionato ad usare i workset.

ho letto questa tua discussione:

http://www.revitforum.com/forum/showthread.php?t=2566&highlight=workset

e la guida in linea ma non ho capito molto, forse mi mancano delle basi nel comprendere i workset.
Volevo chiederti se hai un piccolo ritaglio del tuo tempo di indicarmi come impostare in maniera base il lavoro.
Noi abbiamo una rete dove abbiamo accesso e vediamo tutti i file, io partirò da un mio template- file vuoto- questo e' il file di partenza dove la prima settimana lavorerò solo io, poi lo dovremo condividere per lavorarci in 4 contemporaneamente.
Il progetto e' un edificio di 60x60m di base su 21 piani.
Non ho capito come creare il file centrale , come lo richiamo su di un sistema locale e come poi dal locale aggiono il centrale...

come poi definire i workset e chi ci ha accesso...

diciamo i primi step per iniziare....."

Ed ecco la mia risposta:

Veniamo al tuo problema, forse ti sorprenderà, ma come prima cosa ti consiglierei di valutare strade diverse da quella della condivisione del lavoro (workset) per diversi motivi.
Innanzitutto perché è controproducente iniziare da subito un progetto con i workset attivi (a meno di avere padronanza degli stessi o particolari esigenze di coordinazione fra i colleghi della squadra di lavoro). In secondo luogo le dimensioni del progetto che devi sviluppare richiederanno, presto o tardi, l'utilizzo di file collegati per poter alleggerire la gestione di tutto l'insieme. In fine, per esperienza, se non c'è un livello medio equivalente di conoscenza del programma, si rischia di avere maggiori problemi a dirimere questioni di tipo tecnico legate all'organizzazione dei file piuttosto che problemi di progettazione.
La condivisione del lavoro diventa fondamentale quando si devono produrre le viste da mettere in tavola per cui è necessario che più persone collaborino in un tempo molto ridotto sullo stesso file per mettere quote, dimensioni, etichette, componenti di dettaglio, campiture, testi, ecc... (fondamentalmente elementi 2D).
Resta vero il fatto che è possibile suddividere il modello in workset e delegare ad ogni elemento della squadra di lavoro un particolare ambito progettuale, ma è, come dire, un benefico effetto collaterale.
Devi sapere che prima che introducessero i file collegati l'unico modo per poter lavorare in squadra su uno stesso file erano i workset, quindi questi ultimi sono una soluzione datata al problema.

L'importante nella nostra professione è sapersi fare le domande giuste, ed è lì che sta la genialità, le risposte che diamo sono solo il frutto delle conoscenze che possediamo in un determinato momento. Provo ad aiutarti in questo senso...

  • A che livello di dettaglio di progettazione si deve arrivare? (per sapere quanta modellazione e quante tavole occorrerà produrre, meglio avere un elenco tavole cone specificato cosa andrà finirà su di ognuna)
  • Con quale stile grafico si deve presentare il progetto? (questo può avere ricadute importanti in termini di preparazione ottimale del/dei template iniziali... in ogni caso si può sempre cambiare in corsa)
  • E' possibile individuare degli elementi di ripetitivi nel progetto? (ad esempio ci sono 21 piani, sono tutti diversi tra loro o sono variazioni di un piano tipico? all'interno di un piano ci sono strutture che distributive che si ripetono? - stanze di albergo o di ospedale, appartamenti ecc... questo aiuta ad individuare una possibile scomposizione del progetto in file collegati, ricorda il motto: "dividi e conquista")
  • Da quante persone è composto il team di lavoro? quali sono i punti di forza di ognuno? (ok sono 4 persone, ma con quale conoscenza del programma? chi possiede la migliore attitudine progettuale specifica sui layout interni oppure sui prospetti o sulle strutture ecc?...è importante per stabilire i ruoli organizzativi e per sapere a chi assegnare i compiti di progettazione sia nel caso si ricorra ai file collegati sia nel caso dei workset)

L'organizzazione tipica dei file collegati è la seguente: c'è un solo file "Master" che conterrà le tavole del progetto complete di cartiglio e le relative viste; all'interno del file master vengono collegati tutti i file che contribuiscono alla realizzazione del modello. La scomposizione del modello in sotto-parti dipende moltissimo dalle caratteristiche geometriche e funzionali del progetto, quindi non c'è una regola precisa da seguire.
Un gruppo di file sarà dedicato alla modellazione del contesto e delle sistemazioni esterne. Un altro gruppo di file definirà l'organismo edilizio che state progettando.
Banalmente dopo aver raccolto ciò che si "vede" architettonicamente in un edificio, si può separare la struttura con gli assi strutturali da tutto il resto, raccogliere insieme tutto ciò che riguarda la parte impiantistica (canalizzazioni dell'aria, adduzioni, scarichi, ventilazioni, aerazione dei vani scala, macchinari impianto meccanico e quadri elettrici, ecc...), eventualmente separare i presidi antincendio (estintori, naspi, sprinkler, allarmi sonori e visivi, segnaletica ecc...) e così via per quel che riguarda la scomposizione secondo il sistema tecnologico e funzionale.
Geometricamente invece potresti separare l'edificio per piani, per settori in pianta, per volumi unitari ecc... dipende dalla morfologia del progetto, dall'altezza dei livelli di progetto e dal contesto, ecc...
Queste suddivisioni hanno lo scopo di definire gli ambiti progettuali sposandosi bene con la caratteristica fondamentale di un processo di progettazione, che è per sua natura iterativo e ciclico, ma che altresì impone, con violenza concettuale, dei salti di scala passando gradualmente dal generale al particolare, dal tutto alle parti.
Verosimilmente quindi si potrà partire da un unico grande file che andrà sempre più definendosi nelle sue parti, poi a tuo giudizio potrà cominciare ad essere suddiviso per essere gestito anche dai tuoi colleghi di lavoro (che potranno avere a loro volta collegati all'interno i file che non competono loro per avere un aggiornamento semiautomatico di quello che gli altri stanno facendo ogni volta che li ricaricano manualmente o riaprono il file su cui stanno lavorando).
Tutti i file vengono collegati nel Master e in questo caso ci si potrebbe avvalere dei workset per chiudere la documentazione delle tavole.

Per come si utilizzano tecnicamente i collegati ti rimando alla guida in linea e a numerosi discussioni sul forum se non li hai mai utilizzati prima.

Velocemente sui workset, per poterli utilizzare si devono abilitare una prima volta andando nell'apposita scheda e cliccando sul tasto dei workset.
Da quel momento il file in cui stai lavorando diventa il file centrale, per questo motivo sarebbe bene che si trovasse già al momento della creazione dei workset nella posizione accessibile a tutti dove risiederà per tutto il tempo del progetto. Infatti basta rinominare una cartella del percorso o semplicemente copiarlo o spostarlo per farlo diventare una copia locale. Dalla stessa scheda si possono creare quanti workset si vogliono, è necessario poi avere cura di spostare gli elementi del modello sui workset corrispondenti.
Il file centrale è il vero file di lavoro con copie di backup che permettono di riportare il file ad un salvataggio precedente, quello che Revit consente è fare lavorare più persone sullo stesso file attraverso una copia locale del file centrale, una copia cioè specifica per ciascun utente.
Per questo è utile, ma non fondamentale, avere un numero di workset (leggi collezioni di oggetti) minimo superiore o uguale al numero di persone che compongono il team di lavoro.
Se si usano i file collegati e i workset si potrebbe creare un workset per ciascun file collegato o per gruppi di file collegati che abbiamo una caratteristica importante che li accomuni.
Quando si lavora in una copia locale del file centrale si deve avere cura di sincronizzare le proprie modifiche con il file centrale in modo da:
  • recepire le modifiche dei colleghi
  • rendere pubbliche le modifiche apportate al modello
E' buona norma sincronizzare frequentemente la propria copia locale con il centrale per ridurre al minimo l'eventuale insorgere di conflitti o la malaugurata perdita di dati del file centrale per cause esterne al programma (danneggiamenti del server di condivisione ecc...). Infatti è possibile trasformare una copia locale in file centrale quando la si salva con nome e si specifica con apposito segno di spunta nelle opzioni di salvataggio.
In caso di incoerenze o interferenze Revit interviene automaticamente segnalando un errore o un avviso che specifica quali elementi sono coinvolti e gli utenti che stanno generando il conflitto.
L'assegnazione dei workset deve rispecchiare possibilmente le attitudini progettuali emerse dall'indagine preliminare, serve nel caso di progetto in fase di sviluppo per stabilire le dovute gerarchie all'interno del team di progettazione su tematiche specifiche.

venerdì, febbraio 10, 2012

Gerarchia delle sostituzioni grafiche

Questo post vale semplicemente oro.
Si devono ringraziare gli autori del blog The Revit Clinic .
Di seguito una traduzione spiccia a beneficio di chi non conosce alcune terminologie dalla versione inglese di Revit (lascio anche la dicitura in inglese per avere un riferimento futuro).

Revit dà all'utente diversi modi per sostituire graficamente come viene visualizzato un elemento. Può non essere sempre chiaro quale metodo "vinca" su un altro, esiste però una gerarchia della visibilità. L'elenco seguente non copre tutti i possibili scenari ma include le più comuni sostituzioni grafiche.

10 è il valore più basso e 1 è quello più alto utilizzando i muri ad esempio:

1. Line Work Tool (Impostazione Linea)
2. Override Graphics in View > By Element > Halftone (Sostituzione grafica dalla vista> Per Elemento> Mezzotono)
3. Graphic Display Options – Silhouette Edges (Impostazioni visibilità/grafica - Silohuette bordi)
4. Override Graphics in View > By Element (Sostituzione grafica dalla vista > Per Elemento)
5. View Filters (Filtri di vista)
6. View Depth – “Beyond” Line Style (Estensioni della vista - stile di linea "Oltre")
7. Phasing Graphic Overrides (Filtri di fase)
8. Visibility / Graphic Overrides > Override Host Layers > Cut Line Styles (Sostituzione Visibilità/Grafica>Stile linea di taglio)
9. Visibility / Graphic Overrides > Projection \ Cut Lines (Sostituzione Visibilità/Grafica>Linee vista/sezione)
10. Project Object Styles (Stili degli oggetti)

Qui un esempio grafico sui muri:

All

Un ulteriore esempio:

  • Nella vista è attiva una sostituzione grafica per la categoria dei muri
  • Il muro ha una sostituzione per elemento
  • Nella vista è impostata una sostituzione grafica per i filtri di fase
  • C'è un filtro grafico attivo che sostituisce graficametne i muri di un determinato spessore

Quando tutte e quattro queste sostituzione sono presenti, di default la sostituzione grafica per elemento risulterà visibile poichè occupa la posizione più alta nella successione al quarto posto:

BlogA

Togliendo la sostituzione grafica per elemento risulterà visibile il filtro di vista:

BlogB

Togliendo il filtro di vista sarà visibile la sostituzione grafica legata al filtro di fase:

BlogC

Infine, cambiando il filtro di fase della vista, apparirà la sostituzione grafica applicata alla categoria:

BlogD

martedì, febbraio 07, 2012

Primavera-2

Può sembrare complesso ma sono solo estrusioni, i materiali di colori diversi corrispondono ad altrettante sottocategorie... Ritorna utile per le esportazioni verso 3DS Max oltre che essere obbligatorio per il controllo e la flessibilità della grafica in Revit.

domenica, gennaio 08, 2012

Ringhiere - parte 1

Le ringhiere sono famiglie di sistema con una propria categoria, composte però da famiglie di archivio (quindi esterne) diverse: le balaustre e i profili per i correnti.

Va detto però che si possono realizzare ringhiere senza balaustre (con solo i correnti) ed anche ringhiere senza correnti.

La ringhiera è quindi è un oggetto che consente la ripetizione di una trama di oggetti lungo un percorso e al contempo l'estrusione di profili chiusi lungo lo stesso percorso; il percorso può poi essere costituito da una spezzata con tratti lineari o curvi, può rimanere in piano o coprire dei dislivelli, sia impostati manualmente dall'utente, sia seguendo un oggetto “host”.

Come per tutti gli oggetti in Revit solo il tracciamento del percorso resta nel piano di lavoro della ringhiera.

Per tracciare una ringhiera correttamente è necessario capire come si comportano i componenti di cui è costituita.

Profili

Partendo dal template per i profili delle ringhiere si comprende come il piano di riferimento orizzontale corrisponderà all'estradosso del corrente una volta caricato nel progetto.

Dev'essere un unico profilo chiuso, può essere parametrico, consiglio di rifare anche quelli più semplici presenti di default nel template perché contengono delle imprecisioni molto fastidiose.

Da Parametri e Categorie di famiglie si può impostare che il profilo personalizzato compaia solo negli elenchi delle ringhiere, rendendo più semplice la sua selezione una volta caricato nel progetto.

Quando un profilo viene associato ad un corrente in una ringhiera crea un estrusione che fa parte di una specifica sotto-categoria delle ringhiere cui va associata un'altezza dal piano di riferimento della ringhiera (con riferimento all'estradosso del profilo), la sua giacitura laterale rispetto alla linea di tracciamento del percorso e il suo materiale. È presente un campo di nome per poterlo usare come riferimento per le altezze delle balaustre.


Balaustre

Cominciamo con l'osservare meglio i template iniziali delle balaustre: sono tre, uno chiamato genericamente Balaustra, il secondo Balaustra-Pannello e il terzo Balaustra-Montante.




La vista che si apre è quella di prospetto laterale, ossia il lato parallelo al percorso di tracciamento della ringhiera.

In ognuno di questi template esistono gli stessi piani di riferimento con dei parametri di altezza e angolo associati. I valori di partenza di questi parametri sono del tutto generici e non avranno nessuna ricaduta nel progetto poiché l'inclinazione delle facce e l'altezza delle balaustre dipende dai riferimenti che vengono attribuiti all'interno del tipo di ringhiera. Le differenza di comportamento sta proprio in questi parametri, infatti guardando meglio si nota che nel template della Balaustra generica, i parametri di angolo che governano i piani inclinati sono due distinti: uno per quello superiore e uno per quello inferiore, quindi in linea di principio possono essere diversi. Quando si carica una balaustra così in una ringhiera, è possibile vincolare la base all'host e l'altezza ad un corrente.


Se il corrente si inclina, soltanto la sommità della balaustra si modificherà per seguire l'inclinazione del corrente, proprio perché nella famiglia sono presenti due angoli diversi. Se l'host fosse inclinato (come una rampa o un pavimento), si avrebbe una situazione come quella rappresentata in figura, ma con un errore proprio al piede poiché la balaustra sarebbe correttamente associata all'host sull'asse di mezzeria ma la faccia inferiore non sarebbe ruotata proprio perché l'inclinazione cambia solo in corrispondenza di un corrente.


Se si partisse dal template Balaustra-Pannello, l'angolo di inclinazione sarebbe lo stesso sia per la base sia per la sommità, quindi nell'esempio precedente con host inclinato l'errore alla base si presenterebbe ancora, ma stavolta la base inferiore della balaustra avrebbe la stessa inclinazione del corrente della ringhiera.

Se si partisse infine dal template Balaustra-Montante, ci si accorgerebbe che i valori dei parametri angolo sono impostati a zero e mancano i piani inclinati corrispondenti, quindi non ci sarà inclinazione delle estremità. Ovviamente questo è vero in linea di principio, poi l'utente ha facoltà di introdurre delle variabili a piacere e di modificare adeguatamente la geometria del montante attraverso l'uso di parametri di tipo appropriati.

L'altezza della balaustra si fermerà all'intradosso del corrente cui è associato a meno di non spuntare il parametro Montante (Post) all'interno delle proprietà di tipo della balaustra, facendo arrivare il montante all'estradosso del corrente.

Il parametro Montante è presente anche negli altri tipi di balaustra che sono stati esaminati in precedenza e l'effetto che produce è sempre quello di far arrivare la balaustra all'estradosso del corrente (ammesso che non sia impostato alcun offset in altezza); soltanto nel caso di balaustra-pannello però l'inclinazione dell'estremità superiore rimane parallela a quella del corrente.

Per coprire la maggior parte delle casistiche e semplificare la gestione delle famiglie è opportuno ricorrere alla nidificazione di modelli generici all'interno delle famiglie di balaustra, avendo cura di impostare adeguatamente i parametri che ne permettono la flessibilità.

sabato, gennaio 07, 2012

La primavera

A dettaglio medio....
A dettaglio alto....

Stay tuned...

venerdì, gennaio 06, 2012

Note chiave

In un software BIM (Building Information Modeling) è possibile gestire una varietà di dati nello stesso modello che vanno oltre alla mera definizione spaziale degli oggetti architettonici.

Questo aspetto è quello che differenzia maggiormente le piattaforme BIM dalle passate tecnologie CAD, ovvero la possibilità di inserire informazioni aggiuntive nel modello dell'edificio (definizione delle parti costitutive dell'oggetto architettonico, definizioni dei materiali, delle loro caratteristiche fisiche di densità, trasmittanza, costo, per fare un primo esempio) e di estrarle quando occorre per poterle integrare nelle diverse forme documentali volte a descrivere l'edificio stesso (sia disegni sia tabelle).

La natura e la quantità di informazioni che possono essere esplicitate sono a discrezione dell'utente, il compito del software è quello di gestire queste informazioni e di preservarne la corrispondenza all'interno del modello, evitando quindi all'utente quelle operazioni di aggiornamento necessarie in un processo di progettazione sottoposto a revisioni cicliche.

Revit è una piattaforma BIM e consente l'implementazione di questa intelligenza ulteriore nel progetto attraverso i parametri degli oggetti. In particolare vorrei approfondire il concetto di note chiave.

Le note chiave sono un parametro di tipo (quindi un parametro che assume uguale valore per tutti gli oggetti dello stesso tipo) che si trova sotto il raggruppamento fondamentale dei Dati Identità.

E' un parametro che si trova nelle proprietà dei materiali e sia negli oggetti modello sia nei componenti di dettaglio (purtroppo non sui componenti di dettaglio ripetuti); ovviamente le linee, anche se di modello, non hanno questo tipo di parametro.

In particolare questo parametro consente di specificare, o per selezione da un elenco o per input manuale dell'utente, un codice, la chiave appunto, cui corrisponde una descrizione sotto forma di testo.

Per esplicitare uno o entrambe questi due valori in un disegno occorre quindi una particolare etichetta che legga questi parametri, ossia un'etichetta di nota chiave.

Dalla scheda Annotazioni, gruppo Etichette troviamo le note chiave che sono di tre tipologie, due automatiche (oggetto e materiale) che leggono il parametro nota chiave, e una manuale (utente) che consente di inserire una nota chiave fittizia per arricchire la descrizione del disegno anche dove non vi sono oggetti con parametro nota chiave (come linee o componenti di dettaglio ripetuti).

Per un oggetto, ad esempio, si viene quindi a creare questo tipo di relazione consequenziale:



Oggetto – Chiave – Descrizione



La prima parte della relazione (Oggetto-Chiave) è impostata dall'utente all'interno del progetto proprio attraverso il parametro Nota chiave. La seconda parte della relazione (Chiave-Descrizione) è impostata invece nel file di testo esterno delle note chiave, che può essere modificato indipendentemente dalla sessione di Revit con un editor di testi qualsiasi, a patto di mantenere la sintassi che ne permette il funzionamento corretto.

Con questo metodo si hanno alcuni vantaggi immediati: l'associazione finale Oggetto-Descrizione è assicurata in ogni vista del progetto, eliminando di fatto gli errori di coordinazione; se il valore della Chiave, che agisce da ponte tra Oggetto e Descrizione, rimane costante, è possibile copiare a piacere i file esterni delle note chiave e modificare le descrizioni per tenere traccia dei cambiamenti che intervengono durante l'iter progettuale senza perdere la relazione che lega gli oggetti alla descrizione.

Questo secondo aspetto è molto utile quando si passa da una fase di progetto a quella successiva, per cui le indicazioni dei materiali e dei componenti hanno una specificità maggiore. Inoltre risulta molto più semplice avere la documentazione coordinata nel caso di comparazione dei costi di soluzioni alternative, ad esempio sulle finiture.

Il percorso del file esterno delle note chiave viene salvato all'interno del progetto (e volendo del template iniziale) e lo si deve ricaricare manualmente quando vengono apportate modifiche che altrimenti sarebbero visibili soltanto alla riapertura del progetto in Revit.

Per poterlo fare è necessario passare dalla scheda Annotazioni, gruppo Etichette, impostazioni Note chiave.




All'utente è lasciata la libertà di decidere l'aspetto grafico delle etichette di nota chiave, se devono riportare solo il valore della chiave (da approccio meccanico, tipo scheda di montaggio di un mobile) o il valore della descrizione o entrambe.

Nel caso si decida di utilizzare il codice si rende necessario esplicitare la corrispondenza tra codice e descrizione. E' sempre facoltà dell'utente decidere se il valore del codice da riportare debba essere univoco per tutto il progetto o se debba essere progressivo all'interno della specifica tavola, cambiando il metodo di numerazione dalle impostazioni delle note chiave.

Dalla scheda Viste>Crea>Legenda note chiave, è possibile controllare tutte le note chiave presenti nel progetto attraverso una vista di abaco. Alla legenda nota chiave possono essere applicati dei filtri basati sui valori della chiave e del testo della descrizione. Essendo una vista di abaco può essere inserita in più tavole senza essere necessariamente duplicata.

È possibile filtrare poi l'abaco per tavola, ossia l'elenco varierà in funzione delle note chiave presenti nelle viste inserite in tavola.

Nei Paesi dove viene utilizzata una codifica standard per la scomposizione degli edifici, l'utilizzo delle note chiave è reso più semplice poiché l'organizzazione che si deve dare alle note segue delle regole precise dettate dalla normativa di settore.





L'esempio dell'immagine precedente si riferisce al CSI Master Format 2011, standard di codificazione edilizia diffuso negli Stati Uniti d'America e non solo.

Il file esterno delle note chiave è costituito da un elenco in cui su ciascuna riga trovano posto nell'ordine:

CHIAVE [Tabulazione] DESCRIZIONE [Tabulazione] CHIAVE LIVELLO SUPERIORE

Per editarlo è sufficiente un editor di testo, ma per fortuna esiste un software, Keynote Manager, distribuito gratuitamente da Revolution Design a questo indirizzo:

http://www.keynotemanager.revolutiondesign.biz/

Consente di semplificare molto il lavoro di gestione e aggiornamento delle note chiave, rimando alle pagine del sito per una descrizione esaustiva delle caratteristiche del software.

Vi sono anche altre utility da considerare per migliorare il proprio flusso di lavoro in Revit.

domenica, ottobre 23, 2011

Il Building Information Modeling in pratica - esempi di implementazione

Con un po' di ritardo pubblico il link di un'intervista che mi ha fatto Graziano Lento di Autodesk Italia sull'implementazione del BIM negli studi di progettazione.


Basta compilare un form iniziale e poi parte la webcast :)