giovedì, settembre 26, 2013

Revit Technology Conference 2013 - Giorno 0


 
È  un evento  che attendevo da parecchio, si tratta della prima conferenza europea di Revit Technology, a Delft, Olanda. Le mie aspettative sono molto alte perché sono anni che seguo forum e blog che riportano i contenuti trattati durante le manifestazioni sorelle negli Stati Uniti d’America e in Australia.
Ci sono molti personaggi “famosi” nell’ambiente Revit, professionisti accreditati a livello internazionale e che hanno visto nascere il cambiamento di quello che è il Building Information Modeling.
Il primo che incontro è David Conant, un’istituzione, “quello con i capelli” scherza lui,  per contrapporsi a Matt Jezyk che invece i capelli li porta cortissimi. Sono due persone normalissime simpatiche e alla mano, scopro in poche battute che purtroppo Autodesk ha deciso di fare a meno della consulenza di Conant (per capirci, Conant rappresenta per Revit quello che per Pinocchio può essere, se non Geppetto, almeno la fata madrina), “la vita va avanti ugualmente, prendo ogni occasione nuova come un’opportunità” chiude lui con un’inattaccabile ottimismo. Mi preannuncia che durante il suo intervento farà vedere qualche chicca su cosa si può fare con gli abachi attraverso le API (tema a cui mi sono avvicinato solo ultimamente che però mi ha subito intrigato facendomi scoprire un panorama vastissimo di potenzialità), mi ha messo ancora più curiosità quando ha fatto riferimento ad un video game basato sul motore di Revit e poi ha concluso dicendo: ”finalmente ora che sono fuori dall’azienda potrò dire tutte le cose che non vanno”. In effetti io sono qui per questo.
Jezyk è un architetto, gioviale e pratico, dentro alla questione commerciale di diffusione del prodotto, mi è sembrato sinceramente interessato a capire le dinamiche del mercato nel nostro Paese, se esistono imprese che si occupano di costruzioni che hanno necessità di avere un modello BIM: “ da un lato dell’equazione ci sono le imprese di costruzioni che spingono per avere un modello BIM funzionante da interrogare; dall’altro lato di questa equazione si trovano gli architetti che invece devono convincere e tirare dalla loro parte i consulenti, la committenza...è stato faticoso anche da noi otto anni fa quando abbiamo cominciato, ma da quando hanno provato il BIM non tornerebbero mai indietro al 2D, ora con una decina di progetti alle spalle fatti dalla concezione alla realizzazione in Revit la strada è stata segnata”. Insomma potrebbe esserci speranza anche per noi a suo dire.
In un angolino della sala trovo Harry Mattison di Boost your BIM accompagnato da sua moglie (che dai lineamenti si sarebbe potuta scambiare per un architetto olandese), ho comprato il suo ottimo video corso di 5 ore sulle API in Revit qualche tempo fa, gli ho fatto volentieri una buona recensione e lui ha colto l’occasione per ringraziarmi. Si dà molto da fare per la divulgazione e ci terrebbe a realizzare un prodotto con i piedi per terra, “sporco di realtà” e non qualcosa di accademico e fine a se stesso. In cantiere ha altre 5 ore di video per un livello più avanzato e accetta volentieri consigli e suggerimenti su come e quali tematiche  sia meglio affrontare per spiegare le potenzialità delle API per risolvere problemi di complessità crescente. In effetti il suo scopo apertamente dichiarato era proprio far  fare della ginnastica alla mente, per me è così, è la spinta che mi ci voleva per continuare ad imparare cose nuove e applicarle subito nel mio lavoro.
Incontro fugace con David Light, ex HOK, ora  in Case (come ricompensa per quanto ha patito nel suo lavoro precedente a suo dire) da poco meno di un anno, porta la sua esperienza in una delle aziende più effervescenti nel campo dello sviluppo di add-in per Revit. Mi chiede se sono stato a qualche altro RTC prima di ora e all’Autodesk University, perché purtroppo i RTC sono più delle manifestazioni commerciali, mentre all’AU ci sono le stesse persone che soffrono insieme a te di quello che non va nel software o nel lavoro di tutti i giorni. Onestamente essendo la prima volta che partecipo a un evento di questa natura non so come prendere la sua opinione, mi riservo di farmi un’idea più chiara quando tutto sarà terminato.
Intravedo Steve Stafford accompagnato da suo figlio ma non trovo modo di parlargli, si stanno dirigendo tutti verso il ristorante per la cena dedicata agli oratori della conferenza.
Riesco a fare due chiacchiere con Julien Benoit, ingegnere civile francese e Factotum per l’azienda con cui collabora. Si occupa da sempre di cantierizzazione e strutture, dice di conoscermi dopo aver letto il mio nome sul badge, ma non si ricorda dove. La conversazione prende una piega surreale quando mi rendo conto che potrebbe essere l’inizio di una barzelletta: “ci sono un italiano e un francese in Olanda che parlano tra loro in inglese….”. Mi racconta di un suo collega italiano, Alessio Maggi, che fa il suo stesso lavoro e che gli ha amaramente confidato che vorrebbe molto tornare a lavorare in Italia, ma in questo momento non ci sarebbe posto per le sue competenze sul nostro mercato del lavoro. Purtroppo ho dovuto confermarglielo, la realtà di piccole imprese di costruzioni o di piccoli studi che riescono a stare a galla oggi non riescono a dotarsi di tecnologia e software all’avanguardia, non riescono ad affacciarsi sul mercato facendosi propulsori dell’innovazione di metodo. Si lamenta del fatto che in Francia ci siano fior di studi che comprano moltissime licenze Revit ma che alla fine non vengano utilizzate perché vengono a mancare i soldi per la formazione e di questo sembra ritenere un po’ colpevole Autodesk, la quale punta a vendere il maggior numero di licenze lasciando poi soli gli utenti ad occuparsi dell’effettiva adozione della tecnologia BIM. Dato che conosco Emmanuel Di Giacomo di Autodesk Francia e so quanto invece sia una persona che ha prima di tutto passione per ciò che fa, ad ogni livello, mi viene difficile credere che sia davvero così come mi racconta. Forse la verità sta nel mezzo, forse, è semplicemente la pura conseguenza dell’immobilismo della crisi che non fa investire nei corsi di formazione quando invece sarebbe il momento migliore perché c’è meno lavoro e ci si potrebbe concentrare senza frenesia ad imparare meglio le metodologie nuove, i nuovi software e sviluppare gli standard per il proprio lavoro. Lo so è utopistico, ma l’utopia è come l’orizzonte: se ti sposti di un passo, si sposta di un passo, se ti sposti di tre passi si sposta di tre passi, a cosa serve l’utopia? A farci camminare.
 
Tanto per la cronaca sono il primo e unico italiano che partecipa alla conferenza, domani ci saranno i primi incontri e ho dovuto fare una scelta perché purtroppo sono sempre tre lezioni diverse in contemporanea ma cercherò di captare più informazioni che posso.

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